In premessa si nota che la “Proposta di modifica dell’ambito soggettivo dell’art. 80 del Codice dei contratti pubblici” approvata come atto di segnalazione n.5 del 12 dicembre 2010 al governo e parlamento, pur affrontando e cercando di risolvere una modesta questione interpretativa relativamente ai soggetti di cui all’articolo 80, comma 3, del Codice, che non devono incorrere nei motivi di esclusione, non coglie nel segno ed è criticabile sotto molteplici punti di vista.
1. L’obiettivo è quello di dirimere la questione se la condizione di “persona fisica” alla quale si applicano i motivi di esclusione di cui ai commi 1 e 2 dell’articolo 80, caratterizzi solo il “socio unico” come sembrerebbe dalla lettera della norma, o anche il “socio di maggioranza” secondo una ricostruzione giurisprudenziale in senso “sostanzialistico”.
Ebbene, la soluzione suggerita da ANAC, con la sostituzione delle parole «del socio unico persona fisica, ovvero del socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci …» con le parole «il [del] soggetto, persona fisica che detiene la totalità ovvero la maggioranza anche indiretta delle quote o dei titoli rappresentativi del suo capitale sociale», pare tutt’altro che soddisfacente. Se con le parole “anche indiretta” si intende il coinvolgimento sia di persone fisiche che persone giuridiche, sarebbe meglio dirlo, utilizzando l’espressione «del socio unico, ovvero del socio di maggioranza, siano essi persone fisiche che persone giuridiche, in caso di società con meno di quattro soci …», diversamente l’equivoco rimane; la detenzione “anche indiretta” cosa significa? Anche l’usufruttuario, il detentore “di fatto”, il coniuge che opera comunque sui conti correnti della società?
Se poi si considera, come si dirà più oltre, che sono parimenti coinvolti i soggetti cessati dalla carica nell’anno precedente, i cedenti o affittanti l’azienda nello stesso periodo (giurisprudenza univoca e costante), si vede bene come la catena dei soggetti coinvolti ai quali risalire potrebbe protrarsi all’infinito (senza considerare alcuni consorzi che hanno più di 100 procuratori).
2. Il suggerimento di ANAC trascura inoltre il lessico assolutamente impreciso del comma 3 dell’articolo 80, dove tra i soggetti destinatari dei motivi di esclusione elenca «i membri del consiglio di amministrazione cui sia stata conferita la legale rappresentanza, ivi compresi institori e procuratori generali, dei membri degli organi con poteri di direzione o di vigilanza o dei soggetti muniti di poteri di rappresentanza, di direzione o di controllo», e dove non si comprende bene a chi si estendano “la legale rappresentanza” o i “poteri di direzione o di controllo”. È noto che ormai nel perimetro siano stati trascinati anche i sindaci o il collegio sindacale, i revisori, i membri dell’organismo di vigilanza ex decreto legislativo n. 231 del 2001 (si veda ANAC, Comunicato del Presidente dell’8 novembre 2017).
Non c’è chi non veda la parossistica esagerazione ad allargare il perimetro dei soggetti coinvolti, addirittura a soggetti (l’organismo di vigilanza) che per sua natura è incompatibile con funzioni che possano influenzare in qualunque modo la politica aziendale, e nel contempo non prevedere direttori generali (in alcuni casi con poteri gestionali più ampi degli amministratori) o le società controllanti o le holding che spesso indirizzano la politica aziendale.
È necessaria una razionalizzazione e semplificazione sul punto, che avrebbe dovuto essere affrontata nell’occasione e invece ancora una volta è lasciata a sé stessa.
3. Ci si dimentica di correggere un’incomprensibile ed evidentissimo difetto di coordinamento con il codice antimafia che si trascina dal 2011.
Mentre l’articolo 80, comma 3, prevede tra i vari soggetti ai quali si applicano i motivi ostativi in materia antimafia il «socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci …», l’articolo 85, comma 2, lettera c), del codice antimafia (decreto legislativo n. 159 del 2011) prevede tra i soggetti ai quali si applicano i motivi ostativi il «socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro».
Ecco che una società offerente con quattro soci non è tenuta a dichiarare alcunché in materia antimafia per quanto riguarda il socio di maggioranza e quindi può conseguire l’aggiudicazione. Tuttavia in fase di verifica della veridicità della dichiarazione o, peggio ancora, al momento della stipula del contratto (o ancora in fase di iscrizione nelle withe list prefettizia) ecco che il quarto socio (ignorato dal codice dei contratti ma coinvolto dal codice antimafia) è destinatario di misure di prevenzione, per cui l’offerente è escluso a posteriori (e addio al rito superaccelerato ex articolo 120, comma 2-bis, del c.p.a.) e gli è preclusa la stipula del contratto. Quindi abbiamo un aggiudicatario ammesso regolarmente (al quale non può essere imputata nemmeno la falsa dichiarazione in quanto la dichiarazione presentata era perfettamente coerente con l’articolo 80) ma successivamente escluso con le conseguenze del caso (scorrimento della graduatoria, nuova gara ecc.) e addio alle celerità del procedimento.
Ovviamente la questione si complica, come se non bastasse lo stato dell’arte, se il quarto socio fosse a sua volta una persona giuridica societaria, o una persona giuridica cessata dalla condizione di socio unico o di maggioranza, con coinvolgimento di un numero di persone fisiche che si moltiplica in modo esponenziale.
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