Il Consiglio di Stato, con sentenza n. 7025 del 12 dicembre 2018, si è espresso sulla portata dell’obbligo di dichiarazione delle condanne penali, che incombe in sede di partecipazione alle gare pubbliche. Secondo la giurisprudenza del Consiglio, dall’art. 38, comma 1, lett. c), e comma 2, si ricava che, quanto all’estinzione del reato (che consente di non dichiarare l’emanazione del relativo provvedimento di condanna), essa sotto il profilo giuridico non è automatica per il mero decorso del tempo, ma deve essere formalizzata in una pronuncia espressa del giudice dell’esecuzione penale, che è l’unico soggetto al quale l’ordinamento attribuisce il compito di verificare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni per la relativa declaratoria; di conseguenza, fino a quando non interviene tale provvedimento giurisdizionale, non può legittimamente parlarsi di “reato estinto” e il concorrente non è esonerato dalla dichiarazione dell’intervenuta condanna.
Inoltre, la citata giurisprudenza ha da tempo asserito che nelle procedure ad evidenza pubblica preordinate all’affidamento di un appalto pubblico, l’omessa dichiarazione da parte del concorrente di tutte le condanne penali eventualmente riportate, anche se attinenti a reati diversi da quelli contemplati nell’art. 38, comma 1, lett. c), ne comporta senz’altro l’esclusione dalla gara, essendo impedito alla stazione appaltante di valutarne la gravità.
Pertanto, nel caso di omessa dichiarazione di condanne penali riportate dal concorrente, è legittimo il provvedimento di esclusione ai sensi dell’art. 46 del d.lgs. n. 163 del 2006, non sussistendo in capo alla stazione appaltante l’ulteriore obbligo di vagliare la gravità del precedente penale di cui è stata omessa la dichiarazione, conseguendo il provvedimento espulsivo all’omissione della prescritta dichiarazione, che invece deve essere resa completa ai fini dell’attestazione del possesso dei requisiti di ordine generale e deve contenere tutte le sentenze di condanna subite, a prescindere dalla gravità del reato e dalla sua connessione con il requisito della moralità professionale, la cui valutazione compete esclusivamente alla stazione appaltante (cfr., ex multis, Cons. Stato, sez. V, 28 settembre 2015, n. 4511).
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