Esiste una sostanziale differenza tra offerte migliorative e varianti progettuali, mentre le prime propongono soluzioni che non alterano struttura, funzione e tipologia del progetto a base di gara, le seconde sostanziano modifiche del progetto dal punto di vista tipologico, strutturale e funzionale, per la cui ammissibilità è necessaria una previa manifestazione di volontà della stazione appaltante.A chiarirlo è il Consiglio di Stato con la sentenza 14 maggio 2018,n.2853 che ha respinto il ricorso incidentale proposto per l’esclusione dalla gara della partecipante che avrebbe proposto nelle “opere aggiuntive” il progetto di un’opera del tutto diversa ed in variante rispetto alle previsioni progettuali della stazione appaltante ed tale da rendere necessarie nuove autorizzazioni di legge, con sostanziale irrealizzabilità dell’intervento nei modi e tempi previsti dalla stazione appaltante.Entrando nel dettaglio, l’impostazione della ricorrente incidentale si scontra con l’elaborazione giurisprudenziale in merito alla differenza tra offerte migliorative e varianti progettuali, per la quale:
Possono, dunque, essere considerate proposte migliorative tutte quelle precisazioni, integrazioni e migliorie che sono finalizzate a rendere il progetto prescelto meglio corrispondente alle esigenze della stazione appaltante, senza tuttavia alterare i caratteri essenziali delle prestazioni richieste e che invece non sono ammesse tutte quelle varianti progettuali che, traducendosi in una diversa ideazione dell’oggetto del contratto, alternativa rispetto al disegno progettuale originario, diano luogo ad uno stravolgimento di quest’ultimo.Nell’ambito, poi, della gara da aggiudicarsi col criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa è lasciato ampio margine di discrezionalità alla commissione giudicatrice, anche quanto alla valutazione delle ragioni che giustificano la soluzione migliorativa proposta e la sua efficienza nonché quanto alla rispondenza alle esigenze della stazione appaltante.Nel caso di specie il bando vietava le varianti, ma ammetteva proposte migliorative, senza fissare limiti precisi, consentendo anche opere e attività complementari a quelle oggetto di appalto, nonché opere e forniture aggiuntive.Il ricorrente fa leva sull’esigenza nell’offerta di munirsi di appositi titoli abilitativi o specifiche autorizzazioni, il cui rilascio, in parte, sarebbe impedito dalla normativa di settore ed, in gran parte, comporterebbe ritardi tali da rendere le opere migliorative irrealizzabili o comunque incompatibili con le esigenze della stazione appaltante perché verrebbero dilatati i tempi di realizzazione dell’intervento.Per confutare tali argomenti, i giudici di Palazzo Spada hanno osservato che:
Ne consegue che la commissione di gara non avrebbe certo potuto applicare la clausola del bando che vietava le varianti progettuali.
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