Se la revisione-prezzi tende a ristabilire il rapporto sinallagmatico tra la prestazione dell’appaltatore e la controprestazione dell’Amministrazione, adeguando il corrispettivo alle variazioni dei prezzi di mercato, qualora questi superino la soglia dell’alea contrattuale come determinata dalla legge, essa può evidentemente operare soltanto dopo che il rapporto contrattuale sia sorto, cioè dopo l’aggiudicazione (cfr. Cons. St., sez. VI, 24 giugno 1994, n. 1055; id., sez. VI, 14 ottobre 1999, n. 559; id.,sez. V, 1 ottobre 2002, n.5122).La revisione-prezzi nei contratti di appalto (nella fattispecie disciplinata ex art. 33, comma 3, l. n. 41 del 1986) decorre dunque dalla data dell’aggiudicazione e non da quella dell’offerta.Il TAR ha inoltre indicato e analizzato in senso critico i risalenti pareri e sentenze del Consiglio e le circolari ministeriali su cui si basa le diversa e non condivisa tesi che assume come punto di riferimento per determinare l’ammontare della revisione-prezzi la data dell’offerta:1) Il parere del 29.8.1983 n. 652, con cui il Consiglio di Stato si è espresso nel senso che “le tabelle dei prezzi da assumere a base ai fini della decorrenza della revisione dei prezzi d’appalto della opere pubbliche sono quelle esistenti alla data dell’offerta, senza che al riguardo possano esplicare alcuna influenza quelle eventualmente emanate in epoca successiva, sia pure con riferimento temporale alla data sopradetta”. Tale parere è antecedente all’entrata in vigore della legge n. 41/1986. Il principio espresso con esso è stato successivamente ribaltato, come risulta dalle sentenze richiamate dalla stessa ricorrente (cfr.: Cass. civile 25.9.1993 n. 9720; idem 25.2.2004 n. 3726; idem 25.5.2004 n. 10018; idem 6.11.2006 n. 23670; idem 12.11.2014 n. 24161), secondo cui le tabelle applicabili sono quelle che riproducono i prezzi correnti al momento della presentazione dell’offerta, ancorché compilate e pubblicate successivamente.
2) La sentenza della Cassazione civile n. 9720 del 1993, a tenore della quale “ai fini della determinazione del compenso revisionale spettante all’appaltatore di opera pubblica, deve farsi riferimento alla tabella che riproduce i prezzi correnti al momento della presentazione dell’offerta, ancorché compilata e pubblicata successivamente”. La fattispecie decisa dalla suprema Corte riguarda un appalto antecedente all’entrata in vigore della legge n. 41/1986, soggetto all’applicazione “ratione temporis” dell’art. 1 del D.L.C.p.S. 6.12.1947 n. 1501, ai sensi del quale il “dies a quo” della revisione prezzi decorre dall’offerta. Per tale motivo, la sentenza – che fa riferimento ai prezzi correnti alla data della presentazione dell’offerta – non costituisce un precedente significativo.3) La circolare ministeriale n. 480 del 1992, secondo cui, in tutti i casi in cui tra il momento dell’offerta e quello dell’aggiudicazione sia decorso un lasso di tempo superiore al semestre, per la determinazione del compenso revisionale, occorre applicare la tabella vigente al momento dell’offerta. Detta circolare, concernente l’interpretazione dell’art. 33 della legge n. 41/1986, non ha carattere normativo e non può costituire fonte di diritti e obblighi nei rapporti della pubblica Amministrazione con i terzi, spiegando efficacia esclusivamente nei rapporti interni tra gli uffici amministrativi e i loro funzionari, senza per questo assumere valore vincolante ai fini dell’interpretazione della legge (cfr.: Cass. civile, 12.11.2014 n. 24161). La detta circolare si basa sul parere n. 382, reso in tal senso dal Consiglio di Stato in data 3.5.1991. La tesi espressa in tale parere, fatta propria dalla circolare ministeriale, non può essere condivisa, perché si basa su un’impostazione metodologica non corretta, che giunge ad affermare l’inutilità della disciplina più recente, pretendendo di trarre il significato della nuova norma (l’art. 33 della legge n. 41/1986) da quella anteriore (l’art. 8 della legge n. 741/1981), invece che dall’intenzione del legislatore, diretta a contenere la spesa per l’esecuzione delle opere pubbliche, attraverso l’aumento dell’alea revisionale al 10 per cento, mediante l’eliminazione della revisione-prezzi per gli appalti di durata infra-annuale e l’individuazione, per gli appalti di durata superiore all’anno, del “dies a quo” della revisione-prezzi nella data dell’aggiudicazione, anziché dell’offerta. La circolare ministeriale e il presupposto parere finiscono per svuotare il significato letterale dell’art. 33 della legge n. 41/1986, omettendo di inquadrarlo nel sistema ed escludendo ogni effetto abrogativo della disciplina preesistente, nonostante il chiaro disposto del comma sesto dello stesso art. 33, ai sensi del quale “Sono abrogate tutte le disposizioni in contrasto con quelle oggetto del presente articolo”.4) La sentenza della Cassazione civile n. 24161 del 12.11.2014, secondo cui il D.L.C.p.S. n. 1501 del 1947, art. 1, dev’essere interpretato nel senso che i prezzi correnti al momento dell’esecuzione dell’opera vanno confrontati non già con quelli risultanti dalla tabella nota alla data dell’offerta, la quale riporta i prezzi registrati nel periodo anteriore alla sua pubblicazione, ma con quelli indicati nella tabella relativa al periodo in cui l’offerta è stata presentata, ancorché la stessa sia stata redatta e resa pubblica in epoca successiva. Tale orientamento non è applicabile alla fattispecie in esame, riguardando un contratto di appalto stipulato il 1.8.1975, a seguito di offerta formulata l’8.3.1975, regolato “ratione temporis” dal previgente art. 1 del D.L.C.p.S. n. 1501 del 1947. Solo per tale ragione esso contiene il riferimento all’offerta e non all’aggiudicazione, sicché l’orientamento va disatteso.
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