Riforma Codice Appalti, i professionisti puntano sui concorsi di progettazione

Appalto integrato o centralità della progettazione, valorizzazione dei concorsi di progettazione e di idee, mantenimento dei limiti al subappalto. Sono i temi maggiormente discussi della riforma del Codice Appalti, che secondo le promesse del Governo dovrebbe decollare in questo periodo.Nel contributo inviato per la consultazione indetta dal ministero delle Infrastrutture (Mit), la Rete delle Professioni Tecniche (RPT) ha ribadito che è necessario rilanciare la centralità del progetto nel processo di esecuzione delle opere pubbliche, promuovendo i concorsi di progettazione a due gradi ed abbandonando contestualmente procedure come l’appalto integrato, che consentono l’affidamento dei lavori prima ancora della redazione del progetto esecutivo.Per la progettazione di lavori di particolare rilevanza sotto il profilo architettonico, ambientale, paesaggistico, agronomico e forestale, storico-artistico, conservativo, nonché tecnologico, RPT propone che le stazioni appaltanti utilizzino solo la procedura del concorso di progettazione o del concorso di idee, senza ricorrere alle professionalità interne come invece accade oggi nel caso in cui ci siano idonee professionalità interne.L’idea della rete delle Professioni Tecniche si contrappone a quella della Conferenza delle Regioni, che nel suo contributo sulla riforma del Codice ha invece proposto che nella progettazione di lavori di particolare rilevanza, le Stazioni Appaltanti, in mancanza di professionalità interne, possano scegliere di affidare gli incarichi all’esterno con procedure semplificate, senza ricorrere al concorso di progettazione.Al contrario di RPT, che ribadisce un netto no all’appalto integrato, ma anche di altri operatori come Conferenza delle regioni e Costruttori edili , che ne auspicano il ritorno, la Federazione Industrie Prodotti Impianti Servizi ed Opere Specialistiche per le Costruzioni (Finco) ribadisce di essere favorevole alla centralità della progettazione, ma afferma anche che la scelta del progetto esecutivo, oltre a creare difficoltà alle Stazioni Appaltanti che ancora non hanno raggiunto il grado di professionalità necessario o che non abbiano le necessarie risorse per commissionare ad un professionista esterno un progetto esecutivo, rende particolarmente difficile l’applicazione dell’Offerta Economicamente più vantaggiosa. “A fronte di un progetto esecutivo – si legge nel contributo di Finco – le migliorie tecniche che l’impresa potrebbe offrire in gara rischiano di ridursi, infatti, alla valorizzazione di requisiti soggettivi dell’impresa o di elementi che potrebbero essere di minore importanza e non incidere, in quanto tali, sul rapporto qualità/prezzo e che oltre a rappresentare un onere per le imprese, comporterebbero un eccessivo ampliamento dell’ambito di discrezionalità delle Stazioni Appaltanti”.La Rete delle Professioni Tecniche propone inoltre di estendere la progettazione semplificata anche alle manutenzioni straordinarie fino a 2,5 milioni di euro. Al momento l’iter semplificato è riconosciuto solo alle manutenzioni ordinarie. Secondo Finco, maggiore elasticità dovrebbe essere applicata nell’ambito delle manutenzioni ordinarie di edifici ed infrastrutture. I lavori andrebbero appaltati preferibilmente a misura, sulla base di una relazione tecnica basata sull’evidenza storica delle manutenzioni precedenti e sulle indicazioni del fascicolo di fabbricato laddove presente e non sulla base di un progetto esecutivo.Particolarmente sentito da Finco è il tema del subappalto, che secondo Finco deve rimanere com’è. Finco ritiene che il limite del 30% della quota subappaltabile sull’importo complessivo dell’appalto sia congruo rispetto alle esigenze organizzative e di flessibilità dell’impresa che opera nella categoria prevalente.Da rivedere, invece, l’obbligo di indicare la terna dei subappaltatori già dalla fase della presentazione delle offerte. Secondo Finco la terna andrebbe indicata solo aggiudicatario dell’appalto prima della stipula del contratto.Finco ritiene inoltre che nell’ordinamento italiano l’avvalimento non rappresenti un istituto pro concorrenziale, quanto piuttosto uno strumento di turbativa del mercato, nato in contesti di mercato nordici dove occorreva allargare la platea degli offerenti, problematica del tutto assente nel nostro Paese. Nel caso in cui le imprese ausiliarie perdano i requisiti che hanno messo a disposizione dell’ausiliato, sottolinea Finco, quest’ultimo si troverà nella condizione di non poter proseguire l’attività connessa all’appalto nel caso in cui non possegga in proprio i relativi requisiti.L’avvalimento, conclude Finco, altro non è che un istituto che consente una partecipazione alle gare con i requisiti di altri ed in quanto tale dovrebbe essere eliminato o applicato a limitatissimi casi in cui esiste una oggettiva mancanza di imprese idonee a realizzare il singolo appalto.

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