Gli artt. 122 e 123 dello schema del nuovo codice dei contratti pubblici, rispettivamente, dedicati alla disciplina della risoluzione e del recesso, sono accomunati da un’opera di snellimento avviata dal legislatore, in un’ottica di semplificazione.
Il legislatore, infatti, in entrambi gli articoli ha inteso concentrare le sole prescrizioni di principio e canalizzare, invece, quelle di dettaglio nell’allegato II.14.
Tra le principali novità dell’art. 122, si segnala, la volontà del legislatore di inserire al primo comma un inciso chiarificatore, in virtù del quale le stazioni appaltanti possono risolvere il contratto di appalto “senza limiti di tempo”.
Per il resto, l’art. 122 dell’emandando codice dei contratti pubblici ripropone la medesima struttura dell’art. 108 del d.lgs. n. 50/2016. Il primo comma, invero, contempla i quattro casi in cui la pubblica amministrazione ha la facoltà di risolvere il contratto, mentre il secondo comma disciplina i casi in cui la risoluzione del contratto è obbligatoria. Il terzo e il quarto comma contengono una previsione generale di risoluzione del contratto di appalto, conseguente ad un grave inadempimento ovvero ad una negligenza dell’appaltatore. Il quinto, sesto e settimo comma forniscono un quadro delle conseguenze che scaturiscono da una risoluzione del contratto.
Degno di nota è l’ottavo e ultimo comma il quale, nel riproporre il nono comma dell’art. 108 del d.lgs. n. 50/2016, prevede in capo alla stazione appaltante una facoltà alternativa all’esecuzione di provvedimenti giurisdizionali che inibiscono o ritardino il ripiegamento dei cantieri o lo sgombero delle aree di lavoro.
Per quanto riguarda, invece, l’art. 123, che tra i due è sicuramente quello che ha subito una maggiore operazione di snellimento, – si pensi solo che dai sei commi dell’art. 109 del d.lgs. 50/2016 si passa a soli tre commi, di cui uno contenente il rinvio espresso all’allegato II.14-, le novità sono essenzialmente due e si concentrano nei primi due commi. In particolare, il primo comma mutua la proposizione pregressa e anziché “previo pagamento” prevede che la stazione appaltante può recedere dal contratto in qualunque momento “purché tenga indenne l’appaltatore”. Si è ritenuto di procedere con tale modifica perché la formula “previo pagamento”, adottata sia dal comma 1 dell’art. 109, sia dalle norme previgenti e, cioè, art. 134 del d.lgs. n. 163/2006 e art. 122 del d.P.R. n. 554/1999, sembra evocare una priorità temporale del pagamento rispetto al recesso. Il secondo comma, invece, chiarisce che l’atto di recesso consiste nella comunicazione e che questa deve essere scritta. Anche in questo caso, è stata adottata una nuova formula, rispetto al comma 3 dell’art. 109 del d.lgs. 50/2016, il quale sembrava presupporre, all’esercizio del recesso, una comunicazione preliminare.
In definitiva, dunque, in tema di risoluzione e recesso, lo schema del nuovo codice dei contratti pubblici ribadisce principi già noti ma sotto una nuova veste, più smart.
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