Tra le principali criticità emerse nel corso di questi primi 30 mesi di applicazione delle nuove regole per i lavori pubblici in Italia hanno riguardato il numero “abnorme” di provvedimenti attuativi, necessari per completare la riforma di cui al D.Lgs. n. 50/2016 (c.d. Codice dei contratti).Provvedimenti attuativi che avrebbero dovuto essere emanati in parte dai Ministeri competenti (infrastrutture e trasporti in testa) e in parte dall’Autorità Nazionale Anticorruzione (con linee guida vincolanti e non vincolanti).L’esperimento voluto dal Governo Renzi si è, però, scontrato con le italiche lungaggini ma soprattutto con l’evidenza dei fatti che vedono il settore dei lavori pubblici guidato da un apparato normativo eccessivamente frammentato e di complessa interpretazione. Da qui la necessità, apparsa subito chiara all’atto di insediamento del Governo giallo-verde, di rivedere il progetto iniziale.Mentre è ancora in corso l’indagine conoscitiva sull’applicazione del Codice dei contratti con l’audizione all’VIII Commissione del Senato dei vari operatori del settore e dopo la consultazione del Ministero delle Infrastrutture, il cui report è stato recentemente pubblicato, il Governo ha reso note le sue intenzioni: una riforma in due tempi, con le prime e più urgenti modifiche da apportare subito all’interno di un decreto legge (il d.l. semplificazioni) e una seconda fase di rivisitazione complessiva della materia con la definizione di una legge delega e la successiva pubblicazione di uno o più decreti legislativi, adottando un nuovo codice dei contratti pubblici in sostituzione di quello attuale o modificandolo per quanto necessario.Con il D.L. semplificazione vengono modificati puntualmente i seguenti articoli:
Per quanto riguarda il disegno di legge delega, per il quale si dovrà attendere in normale percorso parlamentare, non si conoscono ancora le intenzioni del Governo. La prima bozza che sta circolando è, infatti, un insieme di parole e fumo che potrebbero portare a tutto o al vuoto cosmico.Ciò che, però, risulta chiara è la voglia di far rientrare il processo di regolamentazione del settore all’interno dell’area ministeriale, rimuovendo all’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) i poteri che gli erano stati conferiti con l’attuale Codice dei contratti, ad esclusione dei poteri di vigilanza che non dovrebbe essere persi. La legge delega prevede, infatti, la pubblicazione di un unico regolamento che detti la disciplina esecutiva ed attuativa di alcune delle materie trattate dalle Linee guida ANAC e da alcuni decreti ministeriali, ovvero:
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