Per la determinazione dell’importo da porre a base di gara per i servizi di ingegneria e di architettura le stazioni appaltanti devono obbligatoriamente utilizzare i parametri previsti dalle tabelle di cui al D. M. 17/06/2016 (c.d. Decreto Parametri).Lo ha previsto l’art. 24, comma 8 del D.Lgs. n. 50/2016, come modificato dal D.Lgs. n. 56/2016, e lo ha ribadito il Tribunale Amministrativo Regionale per l’Abruzzo con la sentenza n.331 di agosto 2018 con la quale ha accolto parzialmente il ricorso presentato dagli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti PPC della Provincia di Teramo per l’annullamento di una deliberazione della Giunta della Regione Abruzzo che aveva approvato lo schema di Convenzione tra Regione Abruzzo e Soggetti Attuatori degli interventi del Masterplan per l’attuazione dei patti per il Sud, con cui la Regione Abruzzo ha inteso normare la programmazione dei fondi F.S.C. e limitare al 6% e 8% dell’importo dei lavori il corrispettivo delle spese tecniche e generali.A darne evidenza è il Consiglio Nazionale degli Ingegneri con la circolare n. 293 del 3 ottobre 2018 con la quale si informano tutti i presidenti degli Ordini territoriali di una battaglia che va avanti dall’approvazione del correttivo al Codice con il quale è stato previsto l’obbligo per le stazioni appaltanti di utilizzare il decreto parametri per la determinazione dell’importo da porre a base di gara per i servizi di ingegneria e di architettura.Come spiega la circolare del CNI “i compensi delle prestazioni professionali dei servizi di architettura e di ingegneria erano stati dal Comune inizialmente calcolati utilizzando i parametri definiti dal DM 17 giugno 2016 (“Approvazione delle tabelle dei corrispettivi commisurati al livello qualitativo delle prestazioni di progettazione, adottato ai sensi dell’articolo 24, comma 8, del decreto legislativo n.50 del 2016”), per poi essere ridotti entro il limite percentuale (8%) stabilito secondo la nota del Presidente della Giunta Regionale“.Il TAR Abruzzo – nella sentenza n.331/2018 – ribadisce, in primis, la legittimazione all’impugnazione da parte degli Ordini degli Ingegneri e degli Architetti della Provincia di Teramo, “quali enti esponenziali degli interessi della categoria a cui appartengono i loro iscritti”, sottolineando come il ricorso proposto miri a salvaguardare i livelli dei compensi professionali stabiliti dalla normativa nazionale.I giudici di primo grado hanno ribadito un concetto ormai noto circa la finalità dell’art. 24, comma 8 del D.Lgs.n. 50/2016 ovvero la “manifesta volontà del Legislatore di stabilire uno standard dei compensi professionali che sia garanzia di qualità delle prestazioni richieste ai professionisti intellettuali che progettano opere pubbliche“.”Proseguendo nell’analisi – rileva il CNI – il Tribunale abruzzese interpreta l’art.24 cit. come non introduttivo di un “obbligo” delle amministrazioni di trasporre negli avvisi di gara i corrispettivi indicati nel decreto ministeriale ma – allo stesso tempo – disconosce decisamente la facoltà delle amministrazioni aggiudicatrici di fissare discrezionalmente il corrispettivo a base di gara delle prestazioni di progettazione e direzione dei lavori, perché questo “equivarrebbe a dare un’interpretazione abrogativa” della disposizione dell’art.24 del Codice dei contratti pubblici“.”Secondo il TAR – continua la circolare degli Ingegneri – non basta addurre motivazioni legate alla riduzione dei costi per l’Amministrazione per giustificare decisioni sui compensi professionali basate sulla più ampia discrezionalità delle stazioni appaltanti, svincolata da ogni riferimento ai parametri ministeriali. Accanto ai principi di economicità, efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa occorre infatti – prosegue il giudice – tenere conto dell’obiettivo di “qualità delle prestazioni tecnico-professionali”, che l’art.24 del decreto legislativo n.50/2016 intende perseguire“.Al contrario, la determinazione del Presidente della Regione Abruzzo aveva fissato per le spese tecniche riguardanti tutti gli interventi del Masterplan le soglie percentuali del 6% e 8% dell’importo dei lavori e solo all’interno delle anzidette percentuali faceva salve le valutazioni sulla natura dell’opera e sull’entità dell’impegno intellettuale richiesto. Così facendo, “ne risulta stravolta la stessa ratio dell’art.24 citato”, perché l’Amministrazione regionale ha finito per sostituire dei propri parametri, del tutto svincolati dal livello qualitativo delle prestazioni e delle attività di progettazione, ai parametri ministeriali.Riassumendo, conclude il CNI, secondo il giudice amministrativo:
Il CNI rammenta, infine, che “anche la disciplina introdotta in materia di equo compenso (su cui v. la circolare CNI 24/05/2018 n.241, rinvenibile sul sito Internet del Consiglio Nazionale) contiene una disposizione relativa all’applicabilità del principio dell’equo compenso nei confronti della P.A.. Tale estensione di disciplina nei riguardi della Pubblica Amministrazione appare pienamente in linea con la ratio legislativa, perché la Pubblica Amministrazione, in virtù delle regole che presiedono al suo funzionamento e della normazione specifica dei rapporti che la riguardano, costituisce un cliente certo non meno “forte” di banche, assicurazioni e grandi imprese, rispetto ai liberi-professionisti“.Secondo il CNI “Nel caso di affidamento dei servizi di ingegneria e architettura, corollario al richiamato “principio dell’equo compenso” è certamente l’applicazione del DM 17/06/2016 che consente la determinazione di un corrispettivo, da porre a base d’asta, proporzionato alla qualità e quantità della prestazione resa e al contempo rispettoso delle esigenze pubblicistiche“.
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