La Corte di Giustizia dell’Unione Europea, con sentenza resa in data 28 Febbraio 2018, ha stabilito importanti limiti all’applicabilità del soccorso istruttorio nell’ambito delle procedure di gara d’appalto.La pronuncia in questione riguarda le cause riunite C 523/16 e C 536/16 sulle domande di pronuncia pregiudiziale proposte, ex art. 267 TFUE, dal TAR Lazio con ordinanze del 13 e del 15 luglio 2016.Nella gara che ha dato origine alla pronuncia, essendo stata bandita nel gennaio 2016, trovava applicazione il soccorso istruttorio “oneroso” così come disciplinato dal Codice appalti previgente (D. Lgs. 163/2006), onerosità non più contemplata nell’attuale assetto delineato dal Codice vigente (D. Lgs. 50/2016).I giudici europei hanno ribadito che nulla vieta, in ossequio ai dettami delle direttive europee, che singoli punti di un’offerta possano essere corretti o completati, specie se necessitano di un semplice chiarimento, e ciò anche se (come nella precedente normativa) tale “soccorso istruttorio” richieda un pagamento da parte del partecipante.La Corte, tuttavia, ha ravvisato due limitazioni fondamentali.Per prima cosa, se è anche possibile che un legislatore nazionale preveda un soccorso istruttorio che sia “oneroso”, l’ammontare della sanzione pecuniaria deve essere proporzionata, e il rispetto del principio di proporzionalità deve essere verificato dal giudice nazionale.E’ vero, concede la CGE, che l’applicazione di una sanzione pecuniaria costituirebbe un mezzo appropriato per conseguire gli obiettivi legittimi perseguiti dallo Stato membro, consistenti, da un lato, nel responsabilizzare gli offerenti in sede di predisposizione delle loro offerte e, dall’altro, nel compensare l’onere finanziario che qualsiasi regolarizzazione può rappresentare per l’amministrazione aggiudicatrice.Tuttavia, secondo i giudici europei, l’applicazione automatica di una sanzione, indipendentemente dalla natura delle regolarizzazioni operate dall’offerente negligente e quindi anche in assenza di qualsiasi motivazione individuale, non appare compatibile con le esigenze derivanti dal rispetto del principio di proporzionalità.Tali principi rendono possibile pensare, anche in ottica futura, un “ritorno” del soccorso istruttorio a pagamento, pur nel rispetto rigoroso del principio di proporzionalità.In secondo luogo, il soccorso istruttorio può valere sempre a supplire a carenze documentali o di informazioni, specie se tali documenti debbano obbligatoriamente costituire un elemento essenziale dell’offerta stessa, implicando inevitabilmente come unica conseguenza l’esclusione della concorrente dalla gara stessa.Da tali criteri o elementi non può assolutamente discostarsi l’amministrazione appaltante. Così la CGUE: “Una siffatta richiesta non può infatti condurre alla presentazione, da parte dell’offerente interessato, di quella che in realtà sarebbe una nuova offerta”. Questo in forza del fatto che una richiesta di chiarimenti non può ovviare alla mancanza di un documento o di un’informazione la cui comunicazione sia richiesta dai documenti dell’appalto.Spetta pertanto solo ed esclusivamente al giudice a quo il compito di accertare e valutare i fatti delle controversie principali, esaminare se, tenuto conto delle circostanze, le regolarizzazioni richieste dalle amministrazioni aggiudicatrici riguardassero la comunicazione di documenti la cui mancanza doveva comportare l’esclusione degli offerenti o se, al contrario, costituissero con tutta evidenza semplici richieste di chiarimenti in merito a offerte che dovevano essere corrette o completate su singoli punti o essere oggetto di una correzione di errori materiali manifesti.In definitiva le disposizioni ed i principi comunitari devono essere interpretati nel senso che l’amministrazione aggiudicatrice non può imporre ad un offerente, dietro pagamento di una sanzione pecuniaria, “di porre rimedio alla mancanza di un documento che, secondo le espresse disposizioni dei documenti dell’appalto, deve portare alla sua esclusione, o di eliminare le irregolarità che inficiano la sua offerta in modo tale che le correzioni o modifiche apportate finirebbero con l’equivalere alla presentazione di una nuova offerta”.
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