Il Consiglio dei Ministri ha approvato il decreto legislativo per l’attuazione della direttiva Ue 2019/1937 del Parlamento europeo e del Consiglio del 23 ottobre 2019, inerente la protezione dei cd. “whistleblowers”, ovvero le persone che segnalano violazioni del diritto dell’Unione, e recante disposizioni riguardanti la protezione delle persone che segnalano violazioni delle disposizioni normative nazionali.
La direttiva europea disciplina la protezione dei whistleblowers (o “segnalanti”, nella traduzione italiana del testo) all’interno dell’Unione, con norme minime di tutela, volte a uniformare le normative nazionali, tenendo conto che i soggetti che segnalano minacce o pregiudizi al pubblico interesse di cui sono venuti a sapere nell’ambito delle loro attività professionali esercitano il diritto alla libertà di espressione. Lo scopo delle norme è rafforzare la trasparenza e la responsabilità, oltre che prevenire la commissione dei reati.
L’ambito di applicazione riguarda eventuali violazioni della normativa comunitaria nei settori espressamente indicati (comprendenti tra gli altri appalti pubblici, servizi finanziari, sicurezza dei prodotti e dei trasporti, ambiente, alimenti, salute pubblica, privacy, sicurezza della rete e dei sistemi informatici, concorrenza). Inoltre la direttiva prevede la tutela per il whistleblower allo stesso modo nel settore pubblico e in quello privato.
Tra i principi che si riconoscono della direttiva rientrano:
Come ha sottolineato l’Autorità stessa, la tutela dei whistleblowers rappresenta un’estensione della libertà di espressione. Sul punto il presidente Giuseppe Busia, ha ribadito che preservare i whistleblower da comportamenti ritorsivi è un imperativo dell’Autorità, garantendo la tutela di chi denuncia irregolarità e non vuole temere le ritorsioni dei suoi superiori.
Busia è anche tornato a parlare del possibile uso distorto dell’istituto del whistleblowing come possibile arma di ricatto o di pressioni, motivo per cui ANAC effettua un attento esame dei casi che le vengono sottoposti, offrendo protezione solo a chi ha realmente subito una misura punitiva, ad esempio con sanzioni come il demansionamento, licenziamento o il trasferimento, solo perché ha segnalato un illecito commesso da un suo dirigente. Nessuna garanzia per chi invece è stato giustamente sanzionato dal proprio datore di lavoro o, addirittura, effettua una segnalazione come whistleblower soltanto con l’obiettivo di creare una controdifesa rispetto a sanzioni che sa essere imminenti.
Sul punto ANAC ha ricordato il recente caso, oggetto della delibera n. 526 del 25 ottobre 2022, con la quale l’Autorità ha comminato una sanzione di 5mila euro a un dirigente per comportamento grave e ritorsivo nei confronti di un collega, che aveva denunciato alcuni illeciti e irregolarità commessi da parte del superiore. Il whistleblower aveva subito tre procedimenti disciplinari nell’arco di un anno ed era stato anche trasferito dopo aver fatto presente presunti illeciti all’interno dove lavorava. In questo caso palese di ritorsione contro il whistleblower, ANAC è intervenuta dichiarando la nullità del provvedimento di trasferimento e infliggendo la sanzione al dirigente.
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