Il costo della manodopera non può che essere determinato dalle ore contrattuali offerte in gara ed è su tale valore, e non sulle ore lavorate, che deve giustificarsi il costo orario complessivo.
Sulla base di questo assunto, il Consiglio di Stato, con la sentenza n. 10272/2022, ha accolto l’appello di un operatore economico che si era aggiudicato l’affidamento di un servizio per scorrimento della graduatoria, dato che i concorrenti precedenti erano stati esclusi per anomalia dell’offerta. L’aggiudicatario era stato a sua volta privato dell’incarico perché uno dei concorrenti esclusi aveva presentato ricorso al TAR, che ne aveva accolto le motivazioni.
Palazzo Spada ha invece dato ragione al ricorrente in appello. Preliminarmente, il Consiglio si è soffermato sui concetti di:
Il monte ore contrattuale si riferisce al rapporto tra stazione appaltante ed appaltatore, ovvero alla quantità di prestazioni che il secondo dovrà erogare a favore della prima: si tratta, in buona sostanza, dell’obbligazione principale dell’appaltatore nell’ambito del sinallagma contrattuale tra le parti, che si riverbera sui profili obbligatori del contratto.
Il monte ore teorico si riferisce al rapporto tra lavoratore e datore di lavoro, ovvero all’obbligazione principale del lavoratore nell’ambito di un rapporto d’impiego.
Le ore mediamente lavorate (o monte ore effettivo) rilevano ai fini della congruità dell’offerta nella logica delle tabelle ministeriali: al costo medio annuo del personale viene applicato un divisore inferiore rispetto a quello puramente teorico, al fine di determinare un costo orario più elevato, idoneo a coprire anche la frazione di costo che l’appaltatore dovrà sostenere per sostituire il personale assente (malattia, ferie e altre evenienze): questo perché lo stesso appaltatore dovrà comunque garantire il servizio in caso di assenze del personale al fine di adempiere integralmente all’obbligazione assunta verso la stazione appaltante in base al monte ore contrattuale indicato in offerta; solo quest’ultimo, dunque, esprime il tempo reale del servizio per cui la concorrente si è impegnata contrattualmente in sede di offerta.
L’offerta delle ore teoriche da parte della concorrente esprime, pertanto, l’impegno a contrattualizzare in maniera adeguata il personale, avendo riguardo anche alle ore per le cd. sostituzioni necessarie in riferimento ad evenienze quali ferie, festività e malattie.
Il monte ore effettivo va utilizzato per calcolare il costo medio orario del lavoro e quindi va adeguatamente giustificato il modo in cui l’impresa perviene alla sua determinazione.
Secondo il TAR, la quantificazione del costo del lavoro effettuata dall’operatore inizialmente escluso, derivante dal prodotto tra il costo medio orario e “il numero di ore che rappresenta l’effettivo tempo di servizio offerto” era corretta in quanto l’altro fattore della moltiplicazione da assumere a base di calcolo per la determinazione del costo della manodopera non potrebbe che essere il monte ore “concreto, che esprime il tempo reale dei servizi”.
Di diverso avviso invece il Consiglio, che ha ribadito la legittimità dell’esclusione operata dalla stazione appaltante: “il costo della manodopera non può che essere determinato dalle ore contrattuali offerte in gara (rispetto alle quali peraltro è stato anche valutato il progetto tecnico)” in quanto è “su tale valore, e non sulle ore lavorate, che deve giustificarsi il costo orario complessivo”.
L’operatore economico avrebbe, quindi, dovuto moltiplicare il costo orario medio per il numero di ore contrattuali offerte, solo così potendo assicurare l’espletamento del servizio secondo le modalità per le quali si era impegnato contrattualmente nei confronti dell’Amministrazione.
Al contrario, utilizzando il valore delle ore lavorate quale moltiplicatore del costo orario medio si ottiene un costo della manodopera che non tiene conto delle fisiologiche assenze dal lavoro e dei costi aggiuntivi che il datore di lavoro dovrà comunque sopportare per sostituire il personale assente.
È quindi corretto il metodo di calcolo del costo della manodopera impiegato dalla Stazione appaltante nella verifica di anomalia, assumendo come moltiplicatore, oltre al costo orario medio, le ore contrattuali offerte per la commessa, tale essendo il monte ore concreto che esprime il tempo reale del servizio, senza con ciò operare alcuna duplicazione del costo delle sostituzioni.
Sul punto, il Consiglio ha evidenziato che l’errore di interpretazione operato dalla originaria ricorrente e dal TAR nella sentenza risiede nel convincimento secondo cui va giustificato, in sede di procedimento di verifica dell’anomalia dell’offerta solo il costo effettivo della manodopera e non quello teorico contrattuale. In conclusione, la sentenza appellata, pur muovendo da premesse corrette, ha raggiunto conclusioni non condivisibili, recependo in sostanza la tesi secondo cui, oltre al costo medio orario, l’altro fattore da utilizzare per la quantificazione del costo della manodopera è rappresentato dal solo monte ore effettivo, anziché dal monte ore contrattuale (che esprime, invece, il reale impegno assunto dalla concorrente nell’offerta).
La stazione appaltante ha quindi correttamente valutato l’anomalia dell’offerta, utilizzando criteri adeguati: il ricorso in appello è stato accolto, confermando l’esclusione dell’operatore decretata dalla SA stessa.
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