Appalti, Anac: ‘nel nuovo Codice occorre rafforzare la corretta progettazione’

Appalti, Anac: ‘nel nuovo Codice occorre rafforzare la corretta progettazione’

Il nuovo Codice degli appalti che il Governo si appresta a varare è molto positivo dal punto di vista della semplificazione e digitalizzazione dei contratti, oltre che per la valorizzazione del ruolo di Anac a favore delle pubbliche amministrazioni. Ma ci sono diversi punti da migliorare.

Lo ha detto il presidente dell’Anac, Giuseppe Busia, nei giorni scorsi in audizione in commissione Ambiente alla Camera. Busia ha indicato 7 punti da ripensare.

Corretta progettazione, per Anac occorre rafforzarla

Rafforzare la corretta progettazione è – secondo Anac – elemento chiave per le amministrazioni per capire l’obiettivo che intendono perseguire, e quindi scegliere il mezzo migliore per raggiungerlo. “Nel nuovo Codice Appalti c’è una sottovalutazione di questo. Solamente sopra soglia è previsto il documento di affidabilità delle alternative progettuali. Questo richiede di portare ad una sottostima delle spese, facendo scoprire solo dopo l’esistenza di oneri più elevati. C’è il rischio, ancora una volta, di spendere male il denaro pubblico, e comprimere la libera concorrenza” – spiega Busia.

Appalto integrato sì, ma solo dove serve

In alcuni casi – premette Anac – è utile, per gli appalti più complessi. “Ma non deve diventare una pratica generale. Dal nostro osservatorio, abbiamo rilevato che il più delle volte la pubblica amministrazione bandisce progetto ed esecuzione, e quando arriva il progetto esecutivo, si scopre un aumento rilevante dei costi. La pratica insegna che non c’è riduzione di tempi e di costi con l’appalto integrato. Va usato dove serve”.

Affidamenti diretti, soglia innalzata a 140.000 euro per servizi e forniture

La soglia degli affidamenti diretti per servizi e forniture è stata innalzata fino a 140.000 euro “senza neanche fare una ricerca di mercato”. Nel mondo di internet, dove è facile fare un confronto di prezzi, secondo Anac è opportuno prevedere almeno una ricerca preventiva di mercato, chiedere la rotazione delle imprese, altrimenti spingiamo le imprese a lavorare non già sull’innovazione, ma sull’avvicinamento al dirigente o all’amministratore di turno. Non è questo – secondo Anac – che favorisce la crescita, non è questo il senso di un’amministrazione imparziale, secondo quanto stabilisce anche la Costituzione.

Normativa sul conflitto d’interessi

“Purtroppo – afferma Busia -, il testo presentato in Parlamento ha modificato le disposizioni sul conflitto di interessi. Riteniamo che ciò sia in contrasto anche con le direttive europee di settore, e in contrasto con l’ordinamento in generale che prevede norme stringenti per i conflitti di interesse, tanto più rilevanti nei contratti pubblici. È stato introdotto un onere della prova invertito in modo improprio, degradando l’idea di imparzialità della pubblica amministrazione, come se questo fosse solo interesse dell’impresa esclusa. No, è interesse generale di tutti”.

Anac chiede di ritornare alla formulazione esistente, coerente con la normativa internazionale e propone l’evidenziazione del titolare effettivo dell’impresa. Chi partecipa alle gare, deve indicare chi è l’effettivo titolare dell’impresa, adeguandosi alla normativa antiriciclaggio. L’amministrazione pubblica deve conoscere i soggetti a cui affida risorse pubbliche.

Contratti collettivi equivalenti

Le imprese possono proporre un contratto collettivo diverso di quello indicato dalla stazione appaltante. E questo avviene attraverso un’autodichiarazione di equivalenza. Ora – avverte Anac -, se questa non viene vagliata da un ente terzo, può portare ad abusi e a comportamenti diversi fra le amministrazioni. “Occorre un vaglio centralizzato di questo, che potrebbe essere svolto dal Cnel, indicando un codice che poi noi utilizziamo all’interno della Banca dati Anac e del fascicolo digitale” – propone l’Autorità.

Qualificazione stazioni appaltanti, soglia 150.000 / 500.000 euro

Rispetto a un disegno iniziale del Consiglio di Stato, il testo attualmente sul tavolo prevede l’innalzamento a 500.000 euro della soglia per la qualificazione delle stazioni appaltanti. Questo comporta un aumento delle gare approntate da soggetti non qualificati del 65%; sul totale degli affidamenti, circa il 90% rimarrebbero affidati da soggetti non necessariamente in grado di comprare. Questo costa al sistema Paese, in termini di rapidità, di efficienza delle gare, di spesa pubblica.

Anac chiede di riportare la soglia a 150.000 euro per la qualificazione. Siccome la richiesta di innalzamento è stata fatta da enti che non si sentono pronti, l’Autorità propone di graduare l’applicazione, ponendo l’obiettivo dei 150.000 euro, adottando inizialmente la soglia dei 500.000.

Soppressione del registro Anac dell’in-house

“La soppressione del registro dell’in-house gestito da Anac nel nuovo Codice è sbagliata – ha affermato Busia -. È un vulnus per le imprese e il mercato, è una finta semplificazione. Avere una verifica preventiva per controllare se il soggetto che acquisisce al di fuori dal mercato una commessa pubblica possiede i requisiti necessari è essenziale, anche per non creare concorrenza sleale alle imprese”.

Nel lavoro di verifica condotto da Anac e basato su requisiti richiesti dalla Corte europea di Giustizia, due terzi dei casi riguardano amministrazioni che non hanno i requisiti. Dirglielo prima – secondo l’Autorità – serve ad evitare responsabilità nei confronti degli enti locali, ed evitare che si allunghino i tempi, con moltiplicazione del contenzioso. Serve inoltre, ad evitare sacche di inefficienza, che esistono, dovute al fatto che non si opera nel mercato sottraendosi a una concorrenza aperta.

 

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