Cause di esclusione e procedure di finanziamento

Nelle procedure per la concessione di finanziamenti pubblici le Amministrazioni pubbliche possono ancorare l’esclusione di un richiedente alla violazione di oneri imposti dalla lex specialis, ferma restando la discrezionalità nel fissare requisiti di partecipazione diversi ed ulteriori purché siano ragionevoli, logici, e proporzionali all’oggetto della gara, senza che, al riguardo possa dedursi la violazione del principio di tassatività delle clausole di esclusione e del favor partecipationis del concorrente.In una procedura per erogazione di fondi europei ai comuni della Campania veniva richiesta, da una clausola del bando e a pena di esclusione, la presentazione di “copia della deliberazione del Consiglio Comunale” di adesione al Patto dei Sindaci.Il Comune escluso perché non aveva presentato tale deliberazione faceva ricorso, in particolare perché tale necessità di allegare la delibera citata non trovava riferimento in nessuno dei regolamenti europei, D.P.R., delibere di Giunta Regionale e Decreti di Settore richiamati nel preambolo dell’avviso pubblico.Il ricorrente infatti richiamava il principio per cui , poiché la tassatività delle ipotesi di esclusione costituisce specificazione dei principi di proporzionalità e del “favor partecipationis”, essa assurge a principio generale ed è quindi possibile la sua applicabilità anche ad una procedura pubblica selettiva di qualsiasi tipo. I giudici amministrativi rigettano la censura, alla luce della considerazione che le Amministrazioni pubbliche possono ancorare l’esclusione alla violazione di oneri imposti dalla lex specialis, ferma restando la discrezionalità nel fissare requisiti di partecipazione diversi ed ulteriori purché siano ragionevoli, logici, e proporzionali all’oggetto della gara, senza che, al riguardo possa dedursi la violazione del principio di tassatività delle clausole di esclusione e del favor partecipationis del concorrente.A tale proposito la sentenza cita la giurisprudenza formatasi sugli appalti pubblici, laddove per quanto concerne i richiesti requisiti, è stato più volte rilevato che: “la stazione appaltante può fissare discrezionalmente i requisiti di partecipazione, anche superiori rispetto a quelli previsti dalla legge, purché essi non siano manifestamente irragionevoli, irrazionali, sproporzionati, illogici, nonché lesivi della concorrenza” (cfr. Cons. Stato, sez. V, 14.12.2006 n. 7460; Cons. Stato, sez V,13.12.2005 n. 7081).La giurisprudenza consente, prosegue la decisione, che la stazione appaltante determini discrezionalmente i requisiti di partecipazione in relazione alle peculiarità del servizio da espletare, purché non costituiscano un’indebita restrizione all’accesso alla procedura di gara.Nella fattispecie in esame, la clausola era funzionale ad avere una garanzia dell’adesione al Patto dei sindaci, atto applicativo del Protocollo di Kyoto e destinato alle Amministrazioni locali, garanzia che solo una delibera del Consiglio comunale, potrebbe fornire: non si tratta quindi di clausole irragionevoli e/o sproporzionate, tanto da limitare la possibilità di partecipazione al finanziamento.

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