Codice Appalti, pioggia di critiche sul decreto ‘Semplificazioni’

Operatori del settore contrari alle modifiche  al Codice Appalti contenute nella bozza di Decreto Legge ” Semplificazioni”. Il testo sarà probabilmente discusso oggi in Consiglio dei Ministri, ma piovono già le critiche.La Fondazione Architetti e Ingegneri liberi professionisti iscritti Inarcassa ha espresso forte disappunto su alcune misure che rischiano di provocare “un cambio di direzione nel settore degli appalti pubblici”.“La bozza del decreto-legge – dichiara il Presidente di Fondazione Inarcassa, Egidio Comodo – contiene una serie di modifiche che non vanno certo nella direzione auspicata, cioè la semplificazione del Codice degli Appalti. La modifica all’art. 23, comma 3-bis del Codice, che amplia la possibilità di ricorrere all’appalto integrato, permetterà infatti l’esecuzione dei lavori pubblici a prescindere dall’approvazione del progetto: una eventualità, questa, che oltre a facilitare varianti in corso d’opera rischia di delegittimare anche il ruolo del progettista, che lavora nell’interesse della stazione appaltante. Inoltre, la modifica dell’art. 113, comma 2, rappresenta un ritorno al passato con la reintroduzione dell’incentivo del 2% ai dipendenti pubblici per la progettazione in house; ciò comporterebbe uno svilimento del ruolo e della qualità del lavoro garantita dai liberi professionisti che operano nei confronti della pubblica amministrazione.”“Sembra davvero che il governo stia facendo di tutto per andare nella direzione opposta a quella da noi auspicata. I provvedimenti attuati o annunciati su materie come le grandi opere, il Codice appalti, le pensioni e il fisco sono uno schiaffo a quei principi di legalità, giustizia sociale, sviluppo e rispetto dei diritti che sono alla base della società e sono propedeutici al rilancio del Paese” dichiara Stefano Macale, segretario nazionale della Filca-Cisl.“La ricetta del governo per la modifica del Codice appalti –afferma Macale – è invece sbagliata e pericolosa: alzare a 5,5 milioni di euro la soglia per il massimo ribasso significa alimentare il lavoro nero, aumentare i rischi per i lavoratori, visto che i costi per la sicurezza sono i primi ad essere sacrificati, e avere opere di pessima qualità, e quindi pericolose per la collettività. Aumentare a 2,5 milioni di euro la procedura negoziata senza bando, che quindi interesserebbe oltre il 90% delle gare, è invece un incentivo alla corruzione e alla mancanza di trasparenza del mercato”. “Si chiama Decreto Semplificazioni, ma è un vero e proprio stravolgimento con conseguenze disastrose e di arretramento della legislazione sugli appalti pubblici” lamenta il segretario confederale della Cgil Franco Martini.“Il nuovo Codice Appalti – ricorda il dirigente sindacale – dopo una lunga gestazione, recepisce tre direttive europee che hanno come elemento centrale: la trasparenza, la legalità, la lotta alla corruzione, la tutela dei diritti dei lavoratori attraverso l’applicazione corretta dei contratti di lavoro e il contrasto al lavoro nero e al dumping salariale”. Inoltre, sottolinea “insieme a Cisl e Uil abbiamo posto l’attenzione sulla riduzione e qualificazione delle stazioni appaltanti; sulla trasparenza nell’iter delle gare pubbliche; sul contrasto al subappalto e al proliferare della trattativa privata, oltre alla centralità dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Tutti elementi innovativi del nuovo Codice, che escono notevolmente impoveriti e azzerati dalle nuove proposte del Governo”.“Con il Decreto Semplificazione –avverte Martini – si produce un ulteriore passo indietro. Si dà la possibilità di procedere all’appalto senza un progetto esecutivo, ma sulla sola base di una semplice relazione. Si consente di dilatare all’inverosimile la procedura di trattativa privata senza bando di gara alimentando la discrezionalità. Diviene marginale il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa ripristinando la procedura al massimo ribasso entro la soglia di 5.500.000 euro”. Il segretario confederale evidenzia poi un ulteriore aspetto negativo “viene cancellata l’obbligatorietà di indicare in fase di gara le imprese a cui affidare il subappalto, una decisione devastante che indebolisce il contrasto alla penetrazione delle mafie nel sistema degli appalti”.“Considerate le conseguenze che il Decreto Semplificazioni avrà sul Codice in materia di legalità, occupazione, diritti e qualità degli appalti, chiediamo – conclude Martini – che vi sia un effettivo coinvolgimento di tutte le forze in campo, che vengano ascoltate le organizzazioni sindacali affinché si impediscano scelte sbagliate e negative per il nostro Paese”.Più che l’auspicato e dichiarato cambiamento assistiamo ad un pesante ritorno al passato”. Questo il commento di Inarsind, associazione di intesa sindacale tra architetti e ingegneri liberi professionisti. “La reintroduzione dell’incentivo del 2% alla progettazione interna alla PA, ed al contempo l’eliminazione dello stesso per le attività di programmazione per investimenti, predisposizione delle procedure di gara e di esecuzione dei contratti pubblici, dimostrano, come già la proposta dell’istituzione della Centrale per la progettazione delle opere pubbliche, la chiara volontà di riportare all’interno della PA il processo progettuale sottraendolo ai professionisti esterni e generando ancora una volta una coincidenza di ruoli tra “controllore” e “controllato”, continuando a spingere il sistema in un verso che ha già ampiamente dimostrato di non funzionare”.”Il ritorno poi all’appalto integrato per i lavori di manutenzione ordinaria ma anche straordinaria – a meno dei soli interventi strutturali, perché le responsabilità pesanti e gravose, quelle sì, lasciamole ai liberi professionisti – da potersi eseguire anche senza redazione ed approvazione di un progetto esecutivo rappresenta la negazione della centralità del progetto e del ruolo del progettista. In nome di una supposta semplificazione si apre la strada ad un mondo di riserve e contenziosi, con appalti di lavori che potranno peraltro ora essere affidati con procedura negoziata non più fino a un milione di euro ma fino a 2,5 milioni. Se andasse in porto anche la ventilata proposta dell’incarico diretto per i servizi di ingegneria ed architettura fino alla soglia dei 221.000 euro avremmo completato il quadro di una PA che se la canta e se la suona, sviluppando al suo interno progetti di massima da destinare poi quanto più possibile all’appalto integrato, e che quando non ne ha le competenze può affidare incarichi a chi ritiene, venendo meno a quella indispensabile separazione di ruoli tra committente, progettista, impresa, necessario per garantire la trasparenza del processo di realizzazione e gestione delle opere pubbliche.””Sicuramente  – conclude – una semplificazione è necessaria ma non in questi termini che contrastano nettamente con il perseguimento della qualità dell’opera e della trasparenza del processo. Infine spiace constatare che tali urgenti misure semplificative vengano introdotte mentre sono in corso in VIII Commissione al Senato le audizioni proprio sul Codice degli appalti, non pare che i soggetti fin qui auditi abbiano portato – e assicuriamo per parte nostra nemmeno quelli ancora da sentire porteranno – tali istanze e ci domandiamo quale senso abbia questo ascolto delle associazioni di categoria e degli operatori del settore e lo stesso lavoro della Commissione che vengono bypassati da provvedimenti che, sebbene puntuali, determinano una combinazione esplosiva che dice a chiare lettere: no alla centralità del progetto, no alla libera professione. Una scelta suicida per un paese che voglia crescere”. Inarsind si unisce all’ostilità già manifestata da Oice sulle modifiche introdotte dall’art. 17 del D.L. Semplificazioni che, oltre a confondere ruoli che dovrebbero rimanere separati, rischia seriamente di annientare i liberi professionisti e ritiene opportuna e necessaria un’azione congiunta del mondo delle professioni contro tale provvedimento.

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