Colpo di fioretto di Cantone (ANAC) sul decreto Genova

Nonostante il “cuore” e le migliori intenzioni abbiano ispirato il Governo nella stesura del Decreto-legge 28 settembre 2018, n. 109 (c.d. Decreto Genova), parecchie sono le criticità emerse sia prima la sua pubblicazione in Gazzetta (G.U n. 226 del 28 settembre 2018) che dopo.

Tralasciando la rabbia dei cittadini che (giustamente) vorrebbero un nuovo Ponte già oggi senza attendere neanche un giorno in più o le ultime dichiarazioni del Ministro delle Infrastrutture che a chi contestava i contenuti del decreto e invitava ad una sua riscrittura rispondeva che il decreto è stato scritto “con il cuore”, da segnalare l’audizione del Presidente dell’Autorità Nazionale Anticorruzione Raffaele Cantone sull’esame del decreto-legge n. 109/2018 in Commissioni congiunte VIII Ambiente, territorio e lavori pubblici e IX Trasporti, poste e telecomunicazioni della Camera dei deputati del 10 ottobre 2018.

Un’audizione in cui il Presidente Cantone ha subito sottolineato come già ai tempi della previgente normativa sugli appalti (il vecchio D.Lgs. n. 163/2006 e il suo regolamento di attuazione D.P.R. n. 207/2010) aveva espresso “forti critiche sulle deroghe che erano state via via introdotte, poiché in tal modo si era creato un “diritto speciale” per singole opere pubbliche, con evidente contrasto ai principi di uguaglianza e parità di trattamento“.

Deroghe che si era solo pensato e sperato di superare con il nuovo impianto normativo di cui al D.Lgs. n. 50/2016 ma che nella pratica sono già state utilizzate nel corso di questi primi due anni di applicazione del nuovo Codice dei contratti. Cantone sottolinea che “Uno degli effetti più pericolosi di siffatta “abitudine”, ripetutamente segnalato in numerose audizioni, è la creazione del precedente, poiché – una volta concessa una deroga – diventa possibile concederla anche per un’altra opera. L’eccezione, così, si presta a diventare la regola, trasformando una piccola crepa nella diga in una vera e propria falla“.

In realtà, la storia delle deroghe al Codice dei contratti dovrebbe avere insegnato (e Cantone dovrebbe saperlo) che i problemi non discendono dal ricorso alle deroghe quanto:

  • alla regola (tutta italiana) di rendere “emergenza” qualsiasi cosa, compresi gli eventi di cui si conosce anche la data con anni di anticipo;
  • all’assenza di una norma “derogatoria” che possa applicarsi ai soli casi di emergenza senza che ogni volta servano decreti, leggi, ordinanze (nel caso del terremoto del centro Italia si è perso il conto) a regolare un quadro sempre nuovo e troppo spesso di dubbia interpretazione.

Cantone, però, pur evidenziando un suo malessere nei confronti del principio delle deroghe, conferma che “Quello che è accaduto a Genova è una tragedia di proporzioni enormi e lo Stato non può certamente stare a guardare, ma deve utilizzare qualunque strumento affinché il Ponte sia ricostruito al più presto ed al meglio. È un dovere verso la Città ma anche verso le vittime“, condividendo la scelta di ricorrere a procedure derogatorie e nominare un Commissario straordinario.

Qui comincia il vero e proprio attacco al Decreto Genova e, neanche troppo velatamente, a chi l’ha scritto considerati i continui riferimenti del Presidente dell’Anticorruzione ai “chiari intendimenti del Governo”, a una “disposizione che credo sia senza precedenti” o a un principio che riporta “pur sapendo essere a voi noto” (rivolgendosi alle Commissioni riunite) e lasciando intendere che “probabilmente” qualcosa è sfuggito nella stesura del decreto.

È convinzione, non solo mia – afferma Cantone – che il modo migliore per far sì che un appalto sia espletato in tempi rapidi, e che soprattutto i lavori vengano eseguiti in modo egualmente spedito ma anche a regola d’arte, è che la stazione appaltante abbia un quadro di regole chiaro e certo. Non ritengo sia necessario ricordare quanto il contenzioso incida sui tempi di espletamento delle opere pubbliche, soprattutto quando mettono in campo ingentissime risorse. Quella di cui ci occupiamo, tuttavia, è certamente una delle più grandi commesse dell’ultimo periodo!.

Sottolineando la necessità di un quadro di regole certe e “in puro spirito di collaborazione istituzionale” al fine di agevolare l’obiettivo della ricostruzione del Ponte, Cantone ha sollevato “qualche dubbio e perplessità sull’impianto del decreto“.

L’attenzione del Presidente ANAC si è concentrata su due norme in particolare:

Art. 1, comma 5. Per la demolizione, la rimozione, lo smaltimento e il conferimento in discarica dei materiali di risulta, nonché per la progettazione, l’affidamento e la ricostruzione dell’infrastruttura e il ripristino del connesso sistema viario, il Commissario straordinario opera in deroga ad ogni disposizione di legge extrapenale, fatto salvo il rispetto dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea. Per le occupazioni di urgenza e per le espropriazioni delle aree occorrenti per l’esecuzione degli interventi di cui al primo periodo, il Commissario straordinario, adottato il relativo decreto, provvede alla redazione dello stato di consistenza e del verbale di immissione in possesso dei suoli anche con la sola presenza di due rappresentanti della Regione o degli enti territoriali interessati, prescindendo da ogni altro adempimento. Anche nelle more di tali attività, il Commissario straordinario dispone l’immediata immissione nel possesso delle aree da adibire a cantiere delle imprese chiamate a svolgere le attività di cui al presente comma, con salvezza dei diritti dei terzi da far valere in separata sede e comunque senza che ciò possa ritardare l’immediato rilascio di dette aree da parte dei terzi.

Art. 1, comma 7. Il Commissario straordinario affida, ai sensi dell’articolo 32 della direttiva 2014/24/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 febbraio 2014, la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario, nonché quelle propedeutiche e connesse, ad uno o più operatori economici che non abbiano alcuna partecipazione, diretta o indiretta, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero siano da queste ultime controllate o, comunque, ad esse collegate, anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali. L’aggiudicatario costituisce, ai fini della realizzazione delle predette attività, una struttura giuridica con patrimonio e contabilità separati.

Secondo Raffaele Cantone “Dal combinato disposto dei due commi emerge chiaro l’intendimento del Governo. Il Commissario opera “in deroga ad ogni disposizione di legge extrapenale salvo il rispetto dei vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione europea”; affida la realizzazione delle attività concernenti il ripristino del sistema viario ai sensi dell’art. 32 della direttiva n. 24/2014, con esclusione assoluta di quegli operatori che hanno partecipazioni, dirette o indirette, in società concessionarie di strade a pedaggio, ovvero che siano controllati, o comunque collegati, con queste ultime, e ciò “anche al fine di evitare un indebito vantaggio competitivo nel sistema delle concessioni autostradali”. A parte una possibile discrasia fra gli oggetti delle attività di cui ai commi 5 e 7 (l’affidamento del comma 7 riguarda il ripristino del sistema viario e le attività propedeutiche e connesse, mentre quelle su cui operano le deroghe del comma 5 riguardano la demolizione, la rimozione, il conferimento in discarica dei materiali di risulta e la progettazione) l’impostazione del provvedimento è chiara“.

Secondo Cantone la deroga a tutte le norme dell’ordinamento italiano, ad esclusione di quelle penali, è una disposizione senza precedenti che consente al Commissario di muoversi con assoluta e totale libertà, imponendogli solo i principi inderogabili dell’Unione europea ed ovviamente i principi costituzionali. Deroga che, comunque, non precluderebbe la possibilità, garantita costituzionalmente, di adire la giurisdizione per un qualunque aspetto connesso alle attività da compiersi da parte di chiunque possa averne interesse.

Qui pongo il primo dei problemi evidenziati dal Presidente ANAC:
A quali regole dovrà rifarsi il Commissario nelle sue attività che non riguardano, è bene evidenziarlo, solo l’affidamento di un’opera ma molte altre, in primis, ad esempio, il conferimento in discarica dei materiali di risulta? e in cosa consistono, in particolare, “i vincoli inderogabili derivanti dall’appartenenza all’Unione”?“.

Dopo aver spiegato il rapporto tra le norme comunitarie e quelle nazionali (con un po’ di necessaria e giustificata supponenza considerato che l’argomento avrebbe già dovuto essere chiaro), Cantone rileva come con il decreto si stia “affidando al Commissario una disciplina alquanto complessa, non solo sugli appalti ma anche sui rifiuti. Egli sarà difatti tenuto ad applicare quelle norme senza alcuna mediazione della normativa nazionale, oggetto dalla summenzionata deroga prevista dal comma 5. Non si rischia in questo modo di moltiplicare il contenzioso proprio perché il quadro normativo si caratterizzerà per estrema incertezza?”

Per quanto riguarda il comma 7 relativo ai criteri per l’affidamento della commessa Cantone rileva che “Indirettamente la disposizione conferma (e non potrebbe essere altrimenti) che la direttiva appalti è applicabile nel caso in esame, ma pone non pochi problemi sulla sua interpretazione, che credo sia opportuno sottoporvi. Il richiamo all’art. 32 della direttiva va inteso evidentemente come un rinvio ai criteri ivi stabiliti”.

Date per acclarate le ragioni di urgenza – afferma Cantone – la direttiva però prevede che l’affidamento in tal caso possa avvenire soltanto “nella misura strettamente necessaria”. Il che significa che il commissario, con una sua valutazione discrezionale, dovrà verificare quali e quanti appalti possano essere fatti rientrare sotto tale definizione“. Dunque: quali saranno le regole applicabili per gli eventuali affidamenti che dovranno a loro volta essere in seguito espletati dall’aggiudicatario della gara?

Ulteriori criticità relative al comma 7 riguardano le esclusioni.

Ultima stoccata il Presidente ANAC la riserva a quella che definisce “lacuna frutto di disattenzione” relativa alla deroga a tutte le norme extrapenali comporta anche la deroga al Codice antimafia e alla relativa disciplina sulle interdittive. E, un po’ come facevano i maestri di scuola rivolgendosi ai genitori degli alunni meno attenti, affida la risoluzione del problema alla sensibilità di Parlamento e Governo non ritenendo necessario (ma in effetti e proprio quello che fa) “sottolineare i rischi insiti in tale omissione, soprattutto perché vi sono molte attività connesse alla ricostruzione (dal movimento terra allo smaltimento dei rifiuti, ad esempio) in cui le imprese mafiose detengono purtroppo un indiscutibile know how“.

Il processo di conversione il legge del D.L. n. 109/2018 non si avvia con i migliori auspici all’esame del Parlamento.

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