Costi della manodopera nell’offerta economica – Principio eterointegrativo della lex specialis – Mancata indicazione – Soccorso istruttorio – Divieto – Vale anche per i contratti sottosoglia

L’art. 95 comma 10 del D.lgs n. 50/2016 (come sostituito dall’art. 60, comma 1, lett. e), D.Lgs. 19 aprile 2017, n. 56) dispone che “Nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizioni in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’articolo 36, comma 2, lettera a). Le stazioni appaltanti, relativamente ai costi della manodopera, prima dell’aggiudicazione procedono a verificare il rispetto di quanto previsto all’articolo 97, comma 5, lettera d).I costi della manodopera, pertanto, sono una componente essenziale dell’offerta economica non integrabile successivamente attraverso il soccorso istruttorio perché altrimenti si verificherebbe un’alterazione della par condicio tra i partecipanti.L’essenzialità della indicazione di tale elemento nell’offerta economica è spiegata dalla stessa norma con la necessità di consentire alla stazione appaltante di procedere, prima dell’aggiudicazione, in sede di verifica delle offerte anormalmente basse, di accertare se il costo del personale è inferiore ai minimi salariali retributivi indicati nelle apposite tabelle di cui all’articolo 23, comma 16.Discendendo l’obbligo della indicazione dei costi della manodopera direttamente dalla legge è irrilevante la circostanza che la lex specialis di gara non abbia previsto specificatamente tale adempimento.Non può reputarsi che detta omissione sia sanabile tramite il cd. soccorso istruttorio ex art. 83 comma 9 del d.lgs. n. 50/2016, poiché è proprio questa disposizione che, nel consentire il cd. soccorso istruttorio a pagamento per sanare le mancanze, le incompletezze e le altre irregolarità essenziali degli elementi e del documento unico di gara europeo di cui al successivo art. 85, esclude dalla sanatoria “quelle afferenti all’offerta tecnica ed economica”.L’art. 95 c.c.p. prevede espressamente che nell’offerta economica l’operatore deve indicare i propri costi della manodopera e gli oneri aziendali concernenti l’adempimento delle disposizione in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro ad esclusione delle forniture senza posa in opera, dei servizi di natura intellettuale e degli affidamenti ai sensi dell’art. 36, comma 2, let. a).Pur nella consapevolezza di orientamenti, allo stato, non uniformi nella giurisprudenza amministrativa il Collegio ritiene di aderire alla ricostruzione che ritiene necessaria l’indicazione separata di tali oneri e che in relazione ad essi non operi il soccorso istruttorio. Si tratta infatti di una norma imperativa di legge, non derogabile dal bando, che si inserisce direttamente nell’atto unilaterale amministrativo anche in presenza di clausole contrastanti difformi (in applicazione degli artt. 1339 e 1419 c.c., pacificamente applicabili all’atto amministrativo ex art. 1324 c.c. ovvero tramite il procedimento analogico).D’altro canto, trattandosi di requisiti dell’offerta economica per essi non appare applicabile il soccorso istruttorio, espressamente escluso per tali requisiti dall’art. 85 comma 9 c.c.p., né può farsi riferimento alla tutela dell’affidamento del contraente alla luce del carattere imperativo della norma e dei requisiti professionali richiesti ad un operatore economico qualificato partecipante a una gara pubblica.La giurisprudenza, a cui ha aderito l’adito tribunale, ritiene che il suddetto obbligo sussista anche in ipotesi di silenzio del bando, da ritenersi sul punto eterointegrato, con conseguente esclusione del concorrente silente, non potendosi ricorrere nemmeno al soccorso istruttorio – diversamente dal sistema previgente – trattandosi di indicazione costituente elemento essenziale dell’offerta.  Quanto all’applicabilità dell’art. 95 co. 10, c.c.p., ai contratti di appalto di valore inferiore alla soglia eurounitaria, deve osservarsi come la norma, nel testo originario, non ammettesse alcuna eccezione, dovendosi pertanto ritenere che l’obbligo di specificare nell’offerta gli oneri della sicurezza valesse anche per gli affidamenti sotto soglia. Che questa fosse l’intenzione del legislatore si ricava anche dalle modifiche oggi apportate all’art. 95 co. 10 dal decreto “correttivo” 19 aprile 2017, n. 56, a seguito del quale l’obbligo di indicare gli oneri della sicurezza è stato escluso, fra l’altro, per gli affidamenti ai sensi dell’art. 36 co. 2 lett. a): sono, questi, gli affidamenti di importo inferiore a 40.000,00 euro eseguiti mediante affidamento diretto o amministrazione diretta, che, ove non fosse stata prevista l’eccezione, avrebbero necessariamente dovuto – a contrario – considerarsi soggetti all’obbligo di indicazione degli oneri per la sicurezza.La circostanza, poi, che l’eccezione introdotta dal “correttivo” riguardi solo gli affidamenti inferiori ai 40.000,00 euro implica che, per gli importi superiori, ancorché sotto soglia, l’obbligo continui ad operare come già in precedenza. D’altro canto, l’art. 36 co. 2 fa espressamente salva per le stazioni appaltanti la possibilità di ricorrere alle procedure ordinarie per tutti gli affidamenti sotto soglia, ivi compresi quelli inferiori ai 40.000,00 euro, nel qual caso l’obbligo si riespande anche per questi ultimi.Se, pertanto, il testo originario dell’art. 95 co. 10 comportava un’applicazione generalizzata del dovere di indicare nell’offerta i costi per la sicurezza, la scelta discrezionale di fare luogo all’affidamento di un contratto misto non può sottrarre la resistente all’osservanza di un obbligo cogente, posto a garanzia dell’affidabilità dell’impresa aggiudicataria, con riferimento a quelle prestazioni parimenti oggetto della gara e riconducibili alla disciplina dell’appalto. Alla mancata indicazione degli oneri non può che conseguire l’esclusione del concorrente dalla gara, pur in assenza di una specifica disposizione nel bando.Il collegio non intende discostarsi dall’indirizzo interpretativo invalso, secondo cui le condizioni di partecipazione alle procedure di affidamento di contratti pubblici devono essere tutte indicate nel bando di gara, e che solo in casi eccezionali ammette l’eterointegrazione della lex specialis con obblighi imposti da norme di legge, sul presupposto che l’enucleazione di cause di esclusione non conosciute o conoscibili dai concorrenti contrasta con i principi europei di certezza giuridica e di massima concorrenza. Al principio di tassatività delle cause di esclusione, sancito dall’art. 83 co. 8 del d.lgs. n. 50/2016, non può tuttavia attribuirsi valenza differente da quella che la giurisprudenza gli aveva assegnato nel vigore dell’art. 46 del d.lgs. n. 163/2006, stante la sovrapponibilità testuale delle due disposizioni: l’esclusione dalla gara va pertanto disposta “sia nel caso in cui il codice, la legge statale o il regolamento attuativo la comminino espressamente, sia nell’ipotesi in cui impongano “adempimenti doverosi” o introducano, comunque, “norme di divieto” pur senza prevedere espressamente l’esclusione ma sempre nella logica del numerus clausus” (così l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 25 febbraio 2014 n. 9,la quale, rinviando alle proprie precedenti sentenze 16 ottobre 2013, n. 23, e 7 giugno 2012, n. 21, ribadisce la non necessità che la sanzione della esclusione sia espressamente prevista dalla norma di legge “allorquando sia certo il carattere imperativo del precetto che impone un determinato adempimento ai partecipanti ad una gara”). E non pare discutibile che, a differenza del passato, l’obbligo di indicare gli oneri della sicurezza nell’ambito dell’offerta economica costituisca nel vigore del d.lgs. n. 50/2016 un precetto imperativo espressamente risultante dal diritto nazionale, e non da una sua interpretazione, ciò che rende l’esclusione dalla procedura coerente con i principi di proporzionalità, trasparenza, e parità di trattamento come declinati dalla giurisprudenza eurounitaria (cfr. Corte di Giustizia UE, Sezione Sesta, 2 giugno 2016 in causa C-27/15, “Pippo Pizzo”).

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