Gli appalti di servizi sociali e Codice del Terzo Settore

Il Consiglio di Stato chiarisce che  le procedure previste dal Codice del terzo settore (quali la co-progettazione, l’accreditamento o il partenariato) configurano, in ottica europea, appalti di servizi sociali e, pertanto, sono sottoposte anche alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, che si affianca, integrandola, a quella apprestata dal Codice del terzo settore. Fanno eccezione i casi in cui le procedure hanno carattere non selettivo, non teso all’affidamento del servizio, o sono finalizzate a rapporti puramente gratuiti.Inoltre la disciplina recata dal Codice dei contratti pubblici prevale in ogni caso sulle difformi previsioni del Codice del terzo settore, ove queste non possano in alcun modo essere interpretate in conformità al diritto euro-unitario. L’Amministrazione, inoltre, deve specificamente e puntualmente motivare il ricorso a tali modalità di affidamento, che, in quanto strutturalmente riservate ad enti non profitde facto privano le imprese profit della possibilità di rendersi affidatarie del servizio.(Cons. Stato, Parere 20 agosto 2018, n.2052).Ai fini dell’aggiornamento delle “Linee guida per l’affidamento di servizi ed enti del terzo settore ed alle cooperative sociali” l’ANAC ha chiesto, con apposita richiesta formale, un parere del Consiglio di Stato sulla normativa applicabile ai servizi sociali e agli appalti, in particolare alla luce di diversi difetti di coordinamento tra il Codice degli Appalti Pubblici e il Codice del Terzo Settore.La risposta del Consiglio di Stato: Normativa applicabile agli affidamenti di servizi sociali alla luce del d.lgs. 18 aprile 2016 n. 50 c.d. Codice AppaltiIl Consiglio di Stato sottolinea che, mentre il vecchio codice appalti escludeva i servizi sociali dalla normativa appalti, l’attuale Codice, viceversa, non solo non reca alcuna esplicita esclusione dei servizi sociali dal proprio ambito di applicazione, ma detta in proposito plurime disposizioni, che rendono evidente la sottoposizione anche di tali servizi alla normativa codicistica.In particolare, sono significative in proposito le seguenti disposizioni:

– l’art. 35 individua, per gli “appalti di servizi sociali”, la soglia di rilevanza comunitaria (€ 750.000 per i settori ordinari ed € 1.000.000 per i settori speciali);

– gli articoli 70 e 72 per i settori ordinari e gli articoli 127 e 130 per i settori speciali individuano il termine di validità ed il conseguente periodo di pubblicazione dell’avviso di preinformazione circa le procedure di affidamento di servizi sociali;

– l’art. 95 individua il criterio di aggiudicazione, stabilendo che “i contratti relativi ai servizi sociali … sono aggiudicati esclusivamente sulla base del criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa individuata sulla base del miglior rapporto qualità/prezzo”;

– gli articoli 140 (per i settori speciali), 142, 143 e 144 (per i settori ordinari) recano, in ordine ad alcuni profili e per alcune tipologie di servizi sociali, una disciplina speciale e derogatoria rispetto a quella generale disposta dal Codice, connotata da un tendenziale alleggerimento degli oneri;

– l’art. 169 menziona espressamente le concessioni di servizi sociali, richiamate del resto anche negli allegati XXII e XXIV.

L’affidamento dei servizi sociali nella normativa nazionale afferente al terzo settore, d.lgs. n. 117 del 2017

Il Consiglio di Stato poi passa all’esame della seconda fonte normativa, il c.d. Codice del Terzo Settore, che si concentra in particolare su co-programmazione, co-progettazione e convenzioni, tutte modalità che servono ad ampliare le modalità con cui gli enti del Terzo Settore possono avere rapporti giuridici con la PA.Sono rilevanti in particolare gli articoli 55, 56 e 57.L’art. 55, premessi i principi generali cui la disposizione si conforma (“sussidiarietà, cooperazione, efficacia, efficienza ed economicità, omogeneità, copertura finanziaria e patrimoniale, responsabilità ed unicità dell’amministrazione, autonomia organizzativa e regolamentare”), dispone al primo comma che “le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nell’esercizio delle proprie funzioni di programmazione e organizzazione a livello territoriale degli interventi e dei servizi nei settori di attività di cui all’articolo 5, assicurano il coinvolgimento attivo degli enti del Terzo settore, attraverso forme di co-programmazione e co-progettazione e accreditamento, poste in essere nel rispetto dei principi della legge 7 agosto 1990, n. 241”.Al secondo e terzo comma vengono, rispettivamente, disciplinate la co-programmazione e la co-progettazione.La co-programmazione è “finalizzata all’individuazione, da parte della pubblica amministrazione procedente, dei bisogni da soddisfare, degli interventi a tal fine necessari, delle modalità di realizzazione degli stessi e delle risorse disponibili”, mentre la co-progettazione è volta alla “definizione ed eventualmente alla realizzazione di specifici progetti di servizio o di intervento finalizzati a soddisfare bisogni definiti, alla luce degli strumenti di programmazione di cui comma 2”.La co-progettazione è oggetto anche del quarto comma, in cui si precisa che “ai fini di cui al comma 3, l’individuazione degli enti del Terzo settore con cui attivare il partenariato avviene anche mediante forme di accreditamento nel rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità, partecipazione e parità di trattamento, previa definizione, da parte della pubblica amministrazione procedente, degli obiettivi generali e specifici dell’intervento, della durata e delle caratteristiche essenziali dello stesso nonché dei criteri e delle modalità per l’individuazione degli enti partner”.L’art. 56 è dedicato all’istituto delle convenzioni che le Amministrazioni possono stipulare con alcune specifiche tipologie di enti del terzo settore, ossia le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale, al fine di “svolgere in favore di terzi di attività o servizi sociali di interesse generale”.Il primo comma si premura di precisare che il ricorso allo strumento convenzionale è possibile solo ove risulti “più favorevole rispetto al ricorso al mercato”.Al comma secondo viene stabilito che le convenzioni possono “prevedere esclusivamente il rimborso … delle spese effettivamente sostenute e documentate”, mentre il comma terzo reca disposizioni di carattere procedurale ed individua i requisiti che le organizzazioni di volontariato e le associazioni di promozione sociale debbono avere per poter stipulare una convenzione.Il quarto comma individua specifiche previsioni che debbono essere contenute in ogni convenzione.L’art. 57, infine, stabilisce che il “servizio di trasporto sanitario di emergenza ed urgenza” può essere affidato in convenzione alle organizzazioni di volontariato accreditate ai sensi della normativa vigente.L’interpretazione di tali disposizioni: solo in alcuni casi le normative in materia di concorrenza possono non essere applicateSecondo il Consiglio di Stato, l’interpretazione di tutte le suddette disposizioni deve partire dall’applicazione dei principi di origine europea.Di regola, dunque, l’affidamento dei servizi sociali, comunque sia disciplinato dal legislatore nazionale, deve rispettare la normativa pro-concorrenziale di origine europea, in quanto rappresenta una modalità di affidamento di un servizio (in termini euro-unitari, un “appalto”) che rientra nel perimetro applicativo dell’attuale diritto euro-unitario.Cionondimeno, al ricorrere di alcune condizioni la procedura di affidamento di servizi sociali disciplinata dal diritto interno non è soggetta alla regolazione di origine euro-unitaria. Ciò accade allorché:

– la procedura disciplinata dal diritto interno non abbia carattere selettivo;

– non tenda, neppure prospetticamente, all’affidamento di un servizio sociale;

– la procedura disciplinata dal diritto interno miri sì all’affidamento ad un ente di diritto privato di un servizio sociale che, tuttavia, l’ente affidatario svolgerà a titolo integralmente gratuito.

E’ necessario, pertanto, scandagliare la compatibilità degli istituti disciplinati dal Codice del terzo settore con la normativa di origine euro-unitaria adottando questa specifica prospettiva.L’accreditamento, la co-progettazione e il partenariato.Quanto in primo luogo all’accreditamento, esso è al di fuori della normativa euro-unitaria ove si limiti alla mera individuazione dei soggetti del terzo settore da inserire nella rete dei servizi sociali, senza che, a monte, sia stato previamente individuato un numero od un contingente prefissato (cosiddetto modello dell’accreditamento libero).In tal caso, infatti, l’istituto si risolve sostanzialmente in una sorta di abilitazione priva di carattere selettivo e non propedeutica all’affidamento di un servizio: come tale, non impinge in campi disciplinati dal diritto europeo e trova la propria esclusiva regolazione nel diritto nazionale.Viceversa, ove sia ex ante stabilito un contingente massimo di operatori accreditabili ovvero, a fortiori, qualora l’accreditamento sia lo strumento per addivenire all’attivazione di un partenariato, la procedura tradisce un afflato selettivo che ne impone la riconduzione entro gli stilemi del diritto euro-unitario.Discorso simile, si legge nel parere, deve valere per l’istituto della co-progettazione e del partenariato: solo in caso di di comprovata ricorrenza dell’elemento della gratuità la procedura rimane al di fuori della normativa appalti.Salve, dunque, le esposte eccezioni, le procedure previste dal Codice del terzo settore configurano, in ottica europea, appalti di servizi sociali e, pertanto, sono sottoposte anche alla disciplina del Codice dei contratti pubblici, che si affianca, integrandola, a quella apprestata dal Codice del terzo settore.Il Parere quindi chiarisce che la disciplina recata dal Codice dei contratti pubblici prevale in ogni caso sulle difformi previsioni del Codice del terzo settore, ove queste non possano in alcun modo essere interpretate in conformità al diritto euro-unitario: l’applicazione del Codice dei contratti pubblici è integrale ed attiene, dunque, a tutti gli istituti ivi previsti, salva l’applicazione dell’art. 36 per i contratti sotto soglia.Il dovere di motivazione per l’utilizzo degli istituti del Codice del Terzo Settore.Più in generale, secondo il Consiglio di Stato, è ragionevole ritenere che le Amministrazioni debbano volta per volta motivare la scelta di ricorrere agli stilemi procedimentali delineati dal Codice del terzo settore, in luogo dell’indizione di una ordinaria gara d’appalto.L’attivazione di una delle forme enucleate dal Codice del terzo settore, infatti, priva de facto le imprese profit della possibilità di affidamento del servizio e, in termini più generali, determina una sostanziale segregazione del mercato: in ossequio ai principi di parità di trattamento, non discriminazione e trasparenza, pertanto, l’Amministrazione dovrà puntualmente indicare e documentare la ricorrenza, nella concreta vicenda, degli specifici profili che sostengono, motivano e giustificano il ricorso a procedure che tagliano fuori ex ante gli operatori economici tesi a perseguire un profitto.L’Amministrazione dovrà, in particolare, evidenziare la maggiore idoneità di tali procedure a soddisfare i bisogni lato sensu “sociali” ricorrenti nella fattispecie, alla luce dei principi di adeguatezza, proporzionalità ed efficacia ed in comparazione con gli esiti che verosimilmente produrrebbe l’alternativa del ricorso al mercato.Le conclusioni sintetiche del Parere del Consiglio di Stato.La Commissione così sintetizza gli approdi del Parere in materia di disposizioni applicabili ai servizi sociali:

– le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del terzo settore (in particolare, accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono estranee al Codice dei contratti pubblici ove prive di carattere selettivo, ovvero non tese all’affidamento del servizio, ovvero ancora ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma integralmente gratuita, intesa nel rigido senso specificato supra;

– le procedure di affidamento dei servizi sociali contemplate nel Codice del terzo settore (in particolare, accreditamento, co-progettazione e partenariato) sono, viceversa, soggette al Codice dei contratti pubblici, al fine di tutelare la concorrenza anche fra enti del terzo settore, ove il servizio sia prospetticamente svolto dall’affidatario in forma onerosa, ricorrente in presenza anche di meri rimborsi spese forfettari e/o estesi a coprire in tutto od in parte il costo dei fattori di produzione; l’Amministrazione, inoltre, deve specificamente e puntualmente motivare il ricorso a tali modalità di affidamento, che, in quanto strutturalmente riservate ad enti non profitde facto privano le imprese profit della possibilità di rendersi affidatarie del servizio.

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