Il CdS sull’esclusione di un’impresa ammessa al concordato preventivo

Il Consiglio di Stato, Sez. V, con la sentenza n. 4300 del 12 settembre 2017, si è pronunciato sull’ipotesi di esclusione da una gara d’appalto di un’impresa aderente ad un’ATI e ammessa al concordato preventivo e sul divieto o meno di modificazioni soggettive nei casi di raggruppamenti temporanei.Secondo i giudici di Palazzo Spada, il provvedimento di esclusione impugnato sia stato adottato dopo l’ammissione dell’impresa al concordato preventivo, ma è fondato sulla mancata produzione, da parte dell’ATI ammessa a concordato preventivo dopo la proposizione della domanda di partecipazione alla gara, delle garanzie previste dalla legge fallimentare, “quindi senza la necessaria autorizzazione del tribunale fallimentare a proseguire nella partecipazione alla gara”.Il Collegio ha concluso, pertanto, nel senso che “l’impresa ammessa a concordato non ha tempo per produrre le dichiarazioni di cui ai commi 5 e 6 dell’art. 186-bis L.F. fino al momento dell’eventuale aggiudicazione della gara, atteso che, trattandosi di requisito di partecipazione, esso deve sussistere al momento della proposizione della relativa domanda e permanere per tutto l’iter procedìmentale di gara e fino all’aggiudicazione definitiva”.Per quanto concerne la possibilità o meno di modificazioni soggettive durante una gara d’appalto, il Consiglio di Stato ha rilevato la sussistenza del divieto delle stesse in quanto “il recesso di una o più imprese dell’ATI è consentito soltanto se quelle rimanenti siano in possesso dei requisiti di qualificazione per le prestazioni oggetto dell’appalto: infatti il divieto legislativo riguarderebbe solo l’aggiunta o la sostituzione di componenti, non anche il venir meno senza sostituzioni di taluno”.

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