Nel rito super accelerato appalti è sufficiente la piena conoscenza delle ammissioni, acquisita prima o in assenza della sua pubblicazione nel profilo telematico, ma unita alla piena percezione della lesività e illegittimità dell’atto, per determinare la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso.

Nel rito super accelerato appalti è sufficiente la piena conoscenza delle ammissioni, acquisita prima o in assenza della sua pubblicazione nel profilo telematico, ma unita alla piena percezione della lesività e illegittimità dell’atto, per determinare la decorrenza del termine decadenziale per la proposizione del ricorso.Appena dopo la pronuncia della C.G.E., che salva il rito super accelerato pur rimarcando l’essenzialità delle garanzie di trasparenza e conoscibilità, il Consiglio di Stato sposa l’interpretazione meno garantista, che considera “sostituibile” l’obbligo di pubblicazione degli ammessi ed esclusi sul sito della stazione appaltante, quanto meno ai fini della decorrenza dei termini per impugnare.In particolare è tutto da vedere se l’interpretazione sostanzialista del Consiglio di Stato sia compatibile con l’Ordinanza della CGE nella causa C-54/18, che richiede la comunicazione del provvedimento di ammissione/esclusione insieme ad una relazione dei motivi pertinenti, tale da garantire che gli interessati siano venuti o potessero venire a conoscenza della violazione del diritto dell’unione europea.L’art. 120, comma 2 bis, del c.p.a. prevede che: “Il provvedimento che determina le esclusioni dalla procedura di affidamento e le ammissioni ad essa all’esito della valutazione dei requisiti soggettivi, economico-finanziari e tecnico-professionali va impugnato nel termine di trenta giorni, decorrente dalla sua pubblicazione sul profilo del committente della stazione appaltante, ai sensi dell’articolo 29, comma 1, del codice dei contratti pubblici adottato in attuazione della legge 28 gennaio 2016, n. 11”.Il Consiglio di Stato, nella sentenza in commento, ha ritenuto di annullare la sentenza di primo grado, nella parte in cui ha sancito che l’onere di impugnare immediatamente l’altrui ammissione alla procedura di gara pubblica d’appalto, senza attendere l’aggiudicazione, è subordinato alla pubblicazione degli atti della procedura, ai sensi dell’art. 29 comma 1 del d. lgs. n. 50 del 2016 e dell’art. 5 bis del d. lgs. 7 marzo 2005 n. 82, incombente riservato alla stazione appaltante.Secondo il TAR tale obbligo non è considerabile come fungibile, e in particolare a ciò non può surrogare la comunicazione “ufficiale” in seduta pubblica, pur se avvenuta alla presenza dei rappresentanti delle imprese.Secondo il Consiglio di Stato, vi è decorrenza dei termini per impugnare l’ammissione se la causa di illegittimità di un provvedimento di ammissione (in questo caso l’invalidità della cauzione provvisoria) era emersa nel corso delle sedute di gara, e che quindi la controinteressata era in piena conoscenza di questo.Da questo punto di vista il Collegio si richiama alla giurisprudenza del Consiglio di Stato (Cons. St. n. 1843 del 2018; Cons. St. 5870 del 2017) secondo la quale la regola della pubblicazione di cui all’art. 120 bis non implica l’assoluta inapplicabilità del generale principio sancito dagli artt. 41, comma 2 e 120, comma 5, ultima parte, del c.p.a., e quindi non esclude la rilevanza della piena conoscenza dell’atto da impugnare.Ciò implica che, in difetto della formale comunicazione dell’atto – in particolare in mancanza di pubblicazione di un autonomo atto di ammissione sulla piattaforma telematica della stazione appaltante – il termine decorre, comunque, dal momento dell’intervenuta piena conoscenza del provvedimento da impugnare, ma ciò a patto che l’interessato sia in grado di percepire i profili che ne rendano evidente la lesività per la propria sfera giuridica in rapporto al tipo di rimedio apprestato dall’ordinamento processuale.La sentenza del Consiglio di Stato sostiene di porsi sulla scia di quanto precisato dall’Adunanza plenaria con la pronuncia n. 4 del 26 aprile 2018, secondo cui la previsione di cui all’art. 120 comma 2 bis è finalizzata a consentire la pronta definizione del giudizio prima che si giunga al provvedimento di aggiudicazione e, quindi, a definire la platea dei soggetti ammessi alla gara in un momento antecedente all’esame delle offerte e alla conseguente aggiudicazione. Il legislatore ha quindi inteso evitare che con l’impugnazione dell’aggiudicazione possano essere fatti valere vizi attinenti alla fase della verifica dei requisiti di partecipazione alla gara, il cui eventuale accoglimento farebbe regredire il procedimento alla fase appunto di ammissione, con grave spreco di tempo e di energie lavorative, oltre al pericolo di perdita di eventuali finanziamenti, il tutto nell’ottica dei principi di efficienza, speditezza ed economicità, oltre che di proporzionalità del procedimento di gara.Tale norma pone un onere di immediata impugnativa dei provvedimenti in questione, a pena di decadenza, non consentendo di far valere successivamente i vizi inerenti agli atti non impugnati; l’omessa attivazione del rimedio processuale entro il termine preclude al concorrente la possibilità di dedurre le relative censure in sede di impugnazione della successiva aggiudicazione, ovvero di paralizzare, mediante lo strumento del ricorso incidentale, il gravame principale proposto da altro partecipante avverso la sua ammissione alla procedura

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