Revoca dell’aggiudicazione per carenza originaria o sopravvenuta della copertura finanziaria – Modalità – Risarcimento del danno: presupposti

Secondo il costante indirizzo giurisprudenziale, la carenza originaria o sopravvenuta della copertura finanziaria rappresenta una valida ragione per disporre la revoca dell’affidamento di un appalto pubblico, anche all’indomani della stipula di quest’ultimo e, quindi, a fortiori lo è, allorquando il contratto non sia stato ancora concluso, posto che l’aggiudicazione definitiva non equivale ad accettazione dell’offerta (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4809/2013; Sez. V, n. 6406/2014; n. 2013/2015; n. 1599/2016; T.A.R. Campania, Napoli, Sez. I, n. 5875/2017; Sez. VIII, n. 2263/2010). La determinazione risulta fondata su una adeguata e legittima base motivazionale allorquando si dia atto del verificato venir meno della fonte di finanziamento dei lavori affidati, suscettibile di giustificare l’applicazione dell’art. 21 quinquies della l. n. 241/1990. Deve concludersi per la legittimità dell’azione amministrativa allorquando la determinazione contestata risulta adeguatamente motivata dalla stazione appaltante con valutazioni che non si possono censurare per palese ingiustizia o illogicità. Invero, nel rispetto dei principi di economicità e buon andamento della pubblica amministrazione, deve ritenersi che la prosecuzione dell’appalto in presenza di condizioni come quelle esplicate, si sarebbe comunque posta in contrasto con l’esigenza di una gestione razionale ed efficiente delle risorse pubbliche. Peraltro nelle determinazioni di revoca la valutazione dell’interesse pubblico consiste in un apprezzamento discrezionale non sindacabile nel merito dal giudice amministrativo, salvo che non risulti viziato sul piano della legittimità per manifesta ingiustizia ed irragionevolezza (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VIII, n. 1646/2012; Sez. I, n. 1897/2010). Deve essere ribadito, inoltre, il consolidato indirizzo giurisprudenziale secondo il quale, nei contratti pubblici, anche dopo l’intervento dell’aggiudicazione definitiva, non è precluso all’amministrazione appaltante di revocare l’aggiudicazione stessa, in presenza di un interesse pubblico individuato in concreto, che ben può consistere nella mancanza di risorse economiche idonee a sostenere la realizzazione dell’opera (Consiglio di Stato, Sez. III, n. 4116/2012; Sez. IV, n. 1457/2003). Contestualmente, va accolta la domanda risarcitoria in base ai principi civilistici in materia di responsabilità in contrahendo, applicabili anche alle pubbliche amministrazioni; perché possa parlarsi di violazione del dovere di correttezza e di buona fede che deve sostenere le trattative precontrattuali ex art. 1337 c.c. devono ricorrere i seguenti presupposti: I) che tra le parti siano intercorse trattative per la conclusione di un contratto giunte ad uno stadio tale da giustificare oggettivamente l’affidamento nella conclusione del contratto; II) che una delle parti abbia interrotto le trattative così eludendo le ragionevoli aspettative dell’altra, la quale, avendo confidato nella conclusione finale del contratto, sia stata indotta a sostenere spese o a rinunciare ad occasioni più favorevoli: III) la violazione della buona fede che, sulla base dell’affidamento, fa sorgere obblighi di protezione reciproca fra le parti (Cass. Civ., n. 14188/2016). 

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