Sblocca cantieri, le influenze sugli appalti telematici

La conversione in legge del decreto Sblocca cantieri ha influito sull’utilizzo di mezzi telematici per le procedure relative agli appalti, come il mercato elettronico Mepa. Le modifiche apportate dalle norme hanno creato dibattito e divergenza di opinioni tra gli addetti ai lavori, che presentano scenari operativi diversi.

A seguito della conversione in legge del Decreto Sblocca Cantieri, abbiamo una versione stabile del testo che ci consente di valutare a mente fredda le novità apportate al Codice degli Appalti. In particolare, risultano di interesse gli impatti operativi nell’utilizzo dei sistemi telematici per gli appalti, quali il Mepa – Mercato Elettronico della Pubblica Amministrazione.

Tradurre una norma di legge in azioni e vincoli concreti rappresenta da sempre l’aspetto più importante per noi che quotidianamente affianchiamo gli enti pubblici per mantenere l’efficienza dell’azione amministrativa nella stipula di contratti per servizi, forniture e lavori. Questa volta, una delle modifiche più corpose e significative del Decreto, coinvolge gli affidamenti di valore economico inferiore alla soglia comunitaria (l’art. 36 del Codice degli Appalti), quindi esattamente il perimetro di azione del MePA Consip e degli acquisti più frequenti per la Pubblica Amministrazione. La modifica in esame, riguarda non solo le soglie di valore economico del contratto che condizionano la scelta delle varie procedure ma anche – attenzione attenzione – la tipologia delle stesse procedure da utilizzare in funzione del valore dell’appalto.

Due correnti interpretative sono purtroppo inevitabili. A prima vista non possiamo non osservare una certa confusione nei termini, laddove il Legislatore una volta parla di affidamento diretto previa valutazione di operatori economici ed un’altra di affidamento diretto previa valutazione di preventivi, senza specificare se queste due differenti sfumature implichino differenze o si tratta di un refuso (speriamo che il futuro Regolamento di Esecuzione riesca a far luce anche su questo). Quel che è inevitabile è che una modifica di tale portata e scritta in termini così grossolani ha portato tutti a dover proporre interpretazioni e di conseguenza, nel caso peggiore, porterà anche dei rallentamenti nelle procedure. Tutti sappiamo che per semplificare occorrono regole chiare e non ambigue, circostanza che il Legislatore sembra aver ignorato ancora una volta.

La novità più eclatante coinvolge gli appalti di forniture e servizi con riferimento ai quali è scomparsa la procedura negoziata che al contrario, nella precedente versione del Codice e di fatto nella prassi della Pubblica Amministrazione (art. 36 c.2, lett.b), rappresentavano lo strumento utilizzabile, in luogo delle procedure aperte, per gli affidamenti di importo compreso fra 40.000 euro e la soglia di rilevanza comunitaria. La procedura negoziata era il compromesso tra competitività e velocità di aggiudicazione. La notizia che sconcerta non è tanto che la procedura negoziata sia scomparsa, quanto che sia stata sostituita dal ricorso all’affidamento diretto previa “valutazione di almeno 5 operatori economici” per ogni appalto di valore economico fino alla soglia di rilevanza comunitaria. Questo, unito alla non certa chiarezza del rinnovato testo di legge, ha scatenato reazioni più o meno incontrollate da parte dei commentatori e dei giuristi, creando di fatto due schieramenti opposti, per non parlare di coloro che sono arrivati addirittura a parlare di “procedure ibride”. Lo schieramento più nutrito, e per certi versi più conservativo, assimila l’affidamento diretto cui si può ricorrere per l’acquisto di beni e servizi di importo compreso fra 40.000 euro e la soglia di rilevanza comunitaria alla vecchia procedura negoziata cui faceva riferimento la vecchia edizione dell’art. 36, comma 2, lettera b. Questa interpretazione non ci entusiasma perché è come dire che il Decreto non ha cambiato nulla e questa nuova procedura è di fatto la stessa procedura negoziata previgente. Del resto non ci entusiasma neanche la lettura del Codice modificato che consente di effettuare affidamenti diretti (ossia l’antitesi della gara) dove prima si esperiva procedura negoziata in luogo delle gare a procedura aperta. Questa lettura che ci sembra la più fedele non ci entusiasma perché per fare prima e “sbloccare” le procedure di gara riduciamo competitività e trasparenza e facciamo affidamenti diretti.

Ci sono due schieramenti opposti: conservatori e innovatori. Essendo questa importante modifica affidata a poche parole di testo, è inevitabile che si giunga a schieramenti opposti, uno conservatore che privilegia competitività e trasparenza che nega le modifiche al Codice e l’altro innovatore che prende atto, spesso basito, delle novità introdotte nel Codice che si evincono dalla lettura letterale. Quel che è certo è che questo rinnovato articolo di legge è riuscito a spiazzare tutti. L’utilizzo nella legge di termini palesemente impropri, come ad esempio il concetto di “valutazione di operatori” al posto del più opportuno “valutazione di offerte o preventivi”, viene utilizzato come base per argomentare la tesi conservatrice del “nulla è cambiato, per l’acquisto di beni e servizi sopra i 40.000 euro si deve ancora ricorrere alla procedura negoziata”.

Lo schieramento opposto, accetta l’innovazione e prende la palla al balzo sostenendo che il ricorso alla procedura negoziata di cui all’art. 63 per l’acquisto di beni e servizi non sia più previsto ma possa essere sostituito da un affidamento diretto pur selezionando, come dice il Codice, gli operatori di mercato tramite “indagini di mercato o tramite elenchi …nel rispetto di un criterio di rotazione degli inviti”. La differenza non sarebbe di poco conto, visto che nel caso di affidamento diretto, come sostiene anche il Codice con l’art. 32, si procede “… tramite determina a contrarre, o atto equivalente, che contenga, in modo semplificato, l’oggetto dell’affidamento, l’importo, il fornitore, le ragioni della scelta del fornitore, il possesso da parte sua dei requisiti …”, invece delle due determine (a contrarre la prima, di affidamento la seconda) necessarie nel caso di una procedura negoziata. Insomma, qui sono in ballo i processi di acquisto degli Enti pubblici, la loro efficienza e, quindi, la spesa. Alcuni tra quelli che hanno scelto l’interpretazione conservatrice sanno che la posizione più veritiera sia l’altra, ma ne vogliono prendere le distanze perché la ritengono inopportuna. Chi può biasimarli? E’ più ardito chi accetta una innovazione seppur discutibile o chi la ripudia? Forse entrambi in pari misura.

La grande novità negli appalti telematici è che l’interpretazione letterale che accetta l’innovazione di poter eseguire affidamenti diretti sino alla soglia di rilevanza comunitaria per l’acquisto di beni e servizi legittima la possibilità di usare nel MePA strumenti più agili come l’Ordine Diretto di Acquisto o la Trattativa Diretta, rispetto agli strumenti come la Richiesta di Offerta pensati per l’indizione di una vera e propria procedura di gara. In altre parole prevediamo che l’effetto della modifica nel MePA e nei sistemi telematici analoghi sarà un incremento dell’utilizzo di strumenti quali l’Ordine Diretto di Acquisto (OdA) e la Trattativa Diretta (TD) in luogo quindi della Richiesta di Offerta (RdO), ed anche per appalti di valore superiore alla soglia di 40.000 €.

In particolare l’acquisto da Catalogo, qualora effettuato tramite un confronto concorrenziale fra tutte le Offerte pubblicate (non quindi mediante la ricerca nel Portale di un codice prodotto specifico indicatoci allo scopo da un Fornitore), rappresenterebbe evidentemente una valutazione di più preventivi, molto più ampia peraltro rispetto ai cinque indicati dal Codice. Ne deriva come in questa accezione acquisirebbe anche legittimità un ordine da Catalogo caratterizzato da un importo anche superiore a 40.000 euro, cosa che peraltro ci riporta con nostalgia all’art. 328 del vecchio e caro Regolamento di Attuazione degli Appalti D.P.R. 207/2010 – ormai abrogato – dove si assimilava questo tipo di procedura nientemeno che ad una procedura aperta e dunque anche per importi fino alla soglia di rilevanza comunitaria. Analogo uso e sempre per lo stesso fine, per appalti di importo fino alla soglia di rilevanza comunitaria, potrebbe quindi essere fatto della Trattativa Diretta laddove si provvedesse a “lanciarne” più di una (almeno cinque, nel rispetto appunto del rinnovato art. 36, comma 2), tutte uguali fra loro ovviamente, con l’obiettivo di valutare le offerte di diversi operatori economici, purché nel rispetto dei principi di trasparenza tutti coloro che sono coinvolti siano consapevoli che l’Amministrazione sta in quel momento “negoziando” anche con altri.

In conclusione,tutto avrebbe indubbiamente rilevanti effetti in termini di diminuzione del ricorso alle RdO, che rappresenta la strumento più completo messo a disposizione dal MePA ma, proprio per questo, quello più complesso da utilizzare e che richiede un onere gestionale della procedura maggiore, sia in fase di predisposizione, sia in fase di esecuzione.

Come dimostrano i dati dell’Osservatorio MePA 2019 di Porzio & Partners, il crescente ricorso alle Trattative Dirette è una tendenza che risulta evidente già dal 2017. Il Decreto Sblocca Cantieri e l’interpretazione che se ne darà (si spera anche con l’emanando Regolamento di Esecuzione) potrebbe accelerare ancora di più questa dinamica.

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