L’interpretazione delle clausole di un bando di gara

L’interpretazione degli atti di gara pertanto deve essere letterale, eccetti i casi di palese incertezza.Il Consiglio di Stato ( Cons. Stato,18 giugno 2018, n.3715)chiarisce che costituisce vero e proprio ius receptum giurisprudenziale quello per cui nelle gare d’appalto vige il principio interpretativo che vuole privilegiata, a tutela dell’affidamento delle imprese, l’interpretazione letterale del testo della lex specialis, dalla quale è consentito discostarsi solo in presenza di una sua obiettiva incertezza.Occorre infatti evitare che il procedimento ermeneutico conduca all’integrazione delle regole di gara palesando significati del bando non chiaramente desumibili dalla sua lettura testuale (Cons. Stato, sezione V, 7 gennaio 2013, n. 7).Inoltre ciò si ricava, più in generale, da principio per cui l’interpretazione della “lex specialis” soggiace, come per tutti gli atti amministrativi, alle stesse regole stabilite per i contratti dagli artt. 1362 e ss., c.c., tra le quali assume carattere preminente quella collegata all’interpretazione letterale.I principi della giurisprudenza del Consiglio di Stato sull’interpretazione degli atti amministrativi.La sentenza in commento si richiama ai principi ormai pacifici, per cui gli effetti degli atti amministrativi devono essere individuati solo in base a ciò che il destinatario può ragionevolmente intendere, anche in ragione del principio costituzionale di buon andamento, che impone alla P.A. di operare in modo chiaro e lineare, tale da fornire ai cittadini regole di condotte certe e sicure.Pertanto, la dovuta prevalenza da attribuire alle espressioni letterali, se chiare, contenute nel bando esclude ogni ulteriore procedimento ermeneutico per rintracciare pretesi significati ulteriori e preclude ogni un’estensione analogica intesa ad evidenziare significati inespressi e impliciti, che rischierebbe di vulnerare l’affidamento dei partecipanti, la par condicio dei concorrenti e l’esigenza della più ampia partecipazione (Consiglio di Stato, 12 settembre 2017, n. 4307).Al contrario le ragioni immanenti, di matrice eurounitaria, di garanzia della concorrenza che presiedono al settore delle commesse pubbliche vogliono favorire la massima partecipazione delle imprese alla selezione, perché attraverso la massima partecipazione è raggiungibile il miglior risultato non solo per il mercato in sé, ma per la stessa amministrazione appaltante (cfr. Cons. Stato, V, 15 luglio 2013, n. 3811).A fronte della valenza generale dei suddetti principi, il Consiglio di Stato ha ritenuto  irrilevanti le controdeduzioni con le quali cerca di contrapporre al dato letterale – ritenuto generico – l’interesse della stazione appaltante, che dovrebbe portare a una interpretazione diversa da quella letterale.

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